SATYASVARA – Storia di un cammino (III)

CAPITOLO III° “Valle Pezzata”

La scuola, oltre a tenere corsi di yoga e programmare ritiri intensivi di meditazione, organizza delle escursioni in montagna.

Così venne il giorno in cui il maestro invitò anche me e Paolo ad andare; si trattava di partire la mattina molto presto da Roma per arrivare nelle Marche verso le 8,00 nei pressi del luogo dell’escursione, dove ci saremmo incontrati con il resto del gruppo. Il tutto si sarebbe poi concluso con il nostro ritorno a casa, la sera. Decidemmo di avventurarci in questa nuova esperienza e in quell’occasione invitai anche una mia amica, Gloria. Alle 5 del mattino, partimmo in auto sulla via Salaria, per raggiunge il luogo dell’appuntamento. Con noi c’era anche Pinta, la dolcissima cagnolina nera di Gloria.

Era il due Maggio 2015, e in quell’occasione incontrai per la prima volta alcune delle persone che in seguito divennero la mia seconda famiglia, persone con cui sto condividendo ancora questo magnifico percorso e per le quali provo un grande amore. Loredana, Nicoletta, Mattia, Michela, Giovanna, Enrico: sono questi i nomi dei primi volti che vidi, dei primi sguardi che incrociai. È commovente rivedere la foto di gruppo di quel giorno così particolare; eravamo tutti così diversi…. in questi anni siamo cresciuti molto subendo una vera e propria metamorfosi interiore che si riflette sul nostro volto. I nostri sorrisi ora sono più aperti e gioiosi, i nostri occhi più vivi e consapevoli, i nostri cuori più puri e leggeri. Andammo a fare una bellissima escursione a Valle Pezzata, un piccolissimo paese disabitato da tanti anni. Le case diroccate e la natura rigogliosa tutta intorno rendevano quel luogo magico, incantato, suggestivo.

Mi resi conto che quell’escursione era qualcosa di completamente diverso da tutto ciò che avevo vissuto in precedenza. Non era una semplice passeggiata in montagna, ma era un piccolo viaggio interiore, un cammino meditativo attraverso il quale potevamo cominciare a riascoltarci nel profondo e ad entrare in contatto con gli altri in un modo diverso dal solito, circondati dalla natura che rende tutto più vero e armonioso.

La prima immagine che ho nella memoria di quel giorno è quella di noi tre, che raggiunto il luogo dell’appuntamento, scendiamo dalla macchina per salutare il Maestro e per presentarci agli altri. La scena che subito catturò la mia attenzione fu quella di un ragazzo del gruppo, Mattia, il quale, invece di salutare e presentarsi ai nuovi arrivati, si accucciò a terra e salutò la cagnolina della mia amica! Un comportamento che non mi turbò, ma che al contrario mi divertì e smosse la mia ardente curiosità, facendomi capire che questo ragazzo doveva essere una persona sensibile e fuori dal comune.

Ricordo poi le prime salite verso il paese, il verde del prato e i miei sguardi, pieni di voglia di conoscere, rivolti verso le persone del gruppo. Mi colpì Loredana, con quella sua aria misteriosa e solitaria e quella sua ironia percepibile dalle poche parole dette al cane Pinta, il quale ha evidentemente un ruolo di rilievo nei miei ricordi. La frase era collegata al fatto che non le avrebbe dato la barretta di cioccolato che stava mangiando, ma non era la frase in sé che mi aveva colpito, era il modo in cui la disse che mi fece veramente ridere.

Arrivando al paese abbandonato, fui presa da una sensazione di stupore e meraviglia nel vedere tutta quella natura che si faceva spazio tra le mura delle case diroccate riprendendo il sopravvento, ingoiando la fontana del paese, entrando dalle finestre, sbucando tra le pietre. Salimmo le scale di una casetta del paese ed entrammo in quello che doveva essere il saloncino. Una stanza con un bel camino sulla parete opposta e con della legna lasciata lì probabilmente da Arthur, un eremita polacco, amico del Maestro, che in quei ruderi viveva. Accendemmo il fuoco, poi con il Maestro facemmo una meditazione. Non avevo mai meditato fino ad allora, perlomeno consapevolmente, non sapevo cosa dovevo fare e mi emozionava e agitava allo stesso tempo essere seduta a fianco del mio Maestro.

Di fronte a me era seduta Michela, la osservai per qualche momento mentre era con gli occhi chiusi, la vedevo viaggiare in chissà quale universo, mi colpiva la sua espressione assorta, concentrata a percepire qualcosa che non sapevo comprendere e che mi affascinava immensamente. Volevo immergermi anche io in quel mare in cui vedevo lei nuotare e così provai a chiudere gli occhi e a sentire. Sentii più di tutto la presenza del Maestro, il suo essere presente sul momento era palpabile, sentivo tutta la sua energia di stabilità e focalizzazione mentale e io mi sentivo così piccola e senza punti di appoggio, trasportata in un mondo non di materialità, di chiacchiere, di frivolezze, di convenienze, ma in un mondo fatto di leggerezza, di silenzio, di percezioni, di sentimento.

Poi uscimmo da quella stanza alla luce del sole e mi sentivo diversa, il silenzio di quei momenti mi faceva sentire felice e mi emozionava. Di quel momento ho particolarmente impressa nella memoria l’immagine del Maestro che, andandosi a sedere in un posto un po’ distante sull’erba, ci guarda in lontananza, in uno stato meditativo, con un sorriso indescrivibile sul volto; un sorriso che mi faceva credere che sapesse già TUTTO. Non sapevo cosa, ma vedevo che penetrava il momento con lo sguardo, che penetrava ognuno di noi emanando pace. Non era un sapere riferito a un qualcosa di specifico, era un sapere che andava al di là dello spazio e del tempo e che entrava nell’essenza delle cose.

Io ero immersa nella natura e osservavo la fontana, da cui ad un certo punto apparvero due bellissimi ramarri; erano di un verde e un azzurro brillanti, erano grandi e restarono a farsi ammirare solo per alcuni secondi che per me però furono lunghissimi e indimenticabili. Ricordo infine il ritorno verso le macchine; ci fermammo a fare un’altra meditazione vicino a una chiesetta abbandonata e io mi sforzavo di non farmi trascinare dai pensieri ma di sentire semplicemente il suono dei grilli al tramonto. La cagnolina Pinta gironzolava intorno a noi fino a che non si buttò tra le gambe di Mattia, baciandolo sul viso…. un’altra prova che l’empatia di quel ragazzo verso gli animali era qualcosa di eccezionale, difficile da vedere e da comprendere.

La passeggiata di ritorno fu abbastanza lunga e mi fornì l’occasione di poter parlare un po’ con il Maestro, non avevo problemi ad aprirmi e a raccontargli i miei vissuti, al contrario mi sentivo veramente bene quando ciò accadeva. Mi sentivo ascoltata e capita come mai prima di allora e questo scioglieva la mia anima e mi liberava da pesi che mi portavo dietro da tanto tempo. Fu una giornata iniziatica, la giornata in cui per la prima volta respirai l’aria di quei luoghi che divennero gli scenari in cui si svolsero alcune delle nostre più belle avventure, avventure interpersonali e spirituali allo stesso tempo.

Insegnante Yoga Alice Rossetti