Lo sforzo spirituale (V)

Lo sforzo spirituale nel Cristianesimo (I)

Prima di addentrarmi nell’ambito cristiano voglia fare due premesse.

La prima premessa è che parlerò sempre di Cristianesimo e non di Cattolicesimo, in quanto ritengo che il Cattolicesimo sia un’interpretazione “parziale” degli originari insegnamenti di Gesù il Cristo. Non approfondisco qui questo aspetto, che da solo porterebbe via molto tempo e che è già stato ispirazione di alcune mie precedenti conferenze.

La seconda precisazione è che parlando del Cristianesimo voglio evidenziare solo il particolare aspetto della pratica cristiana, da un ottica di osservatore distaccato, senza addentrarmi in certi particolari meandri, come il senso del peccato, che potrebbero risultare ostici a molti ascoltatori. Sono il primo, in virtù dell’educazione religiosa ricevuta, a non essere affine a un certo modo di insegnamento, ma questo non può assolutamente inficiare la valenza profonda del messaggio cristiano e di alcune sue pratiche atte al risveglio spirituale. Proviamo quindi ad ascoltare questa parte della conferenza, andando oltre certi aspetti, che in ogni caso emergeranno, cercando però di cogliere l’essenza della pratica spirituale cristiana, oltre alla grande forza caratteriale e alla fede dei protagonisti che da certe testimonianze risulterà evidente.

Nel Cristianesimo lo sforzo spirituale viene solitamente chiamato, lotta, battaglia, combattimento contro le proprie tendenze interiori inferiori, al fine di superarle ed essere degli uomini migliori, uomini nuovi, degni della nostra umanità e del nostro Padre Celeste. Durante questi 2.000 anni di cristianità, molti uomini hanno raggiunto le più elevate vette evolutive arrivando a fondersi nella coscienza Cristica attraverso questa lotta spirituale. I padri del deserto, sono stati gli asceti dei primi secoli dell’era cristiana che scavando minuziosamente nei loro cuori hanno gettato le basi di questa disciplina interiore. Attraverso l’autoanalisi, la mortificazione corporea e la ripetizione metodica della preghiera del cuore di Gesù, collegata alla respirazione, hanno raggiunto lo stato di santità o Esichia (Esichia indica l’insieme di raccoglimento, silenzio, solitudine esteriore e interiore, unione con Dio).

I resoconti delle loro volontarie tribolazioni interiori sono stati raccolti nell’opera letteraria chiamata “Filocalia”. Da qui ho tratto due citazioni che fanno comprendere quale dovrebbe essere l’attitudine del vero cristiano.

Da Pseudo-Macario – Spirito e Fuoco: “La vita del vero Cristiano è una lotta continua. A volte, Dio concede al suo figlio giorni di grandezza splendidi, visibili e tangibili. Egli dà alle anime momenti di ammirevole consolazione interiore o esteriore. Ma la vera gloria del Cristiano viene dalla lotta. Lotta arida, senza bellezza sensibile né poesia definibile. Lotta in cui si avanza talora nella notte dell’anonimato, nel fango del disinteresse e dell’incomprensione, sotto la tempesta scatenata dalle forze congiunte delle entità demoniache. Una lotta che riempie di ammirazione gli Angeli del Cielo e attira la benedizione di Dio. Se le mura di cinta di una grande città sono state distrutte ed essa è deserta, conquistata dai nemici, a nulla le giova la sua grandezza. Bisogna fare in modo che in proporzione alla sua grandezza abbia anche solide mura che impediscano ai nemici di entrare. Così anche le anime adorne di conoscenza, sapienza e intelligenza del cuore, sono come grandi città, ma occorre che siano fortificate dalla potenza dello Spirito, perché i nemici non vi penetrino e le rendano deserte. Invece i “semplici” partecipi della grazia, somigliano a piccole città fortificate dalla potenza di Cristo; essi tuttavia, passato lo stato di grazia, si perdono per due ragioni: o perché non sopportano le tribolazioni che sopravvengono, oppure perché, sedotti dalle tentazioni, si trattengono in esse. Chi viaggia infatti non può compiere il tragitto senza prove. E come al momento del parto la mendicante e la regina soffrono le stesse doglie, e come la terra del ricco e quella del povero, se non vengono lavorate come si deve, non possono portare il giusto frutto, così anche nel lavoro dell’anima né il sapiente, né il ricco non regnano insieme alla grazia se non attraverso la pazienza, lo sforzo e molteplici tribolazioni e fatiche. Tale deve essere la vita dei cristiani. Il miele è dolce e non ammette in se stesso nulla di amaro né di velenoso, così anch’essi in ogni circostanza, buona o cattiva, devono essere buoni, come quando dice il Signore: “Siate buoni come il Padre vostro Celeste”. Ciò che danneggia e contamina l’uomo è all’interno dell’uomo. Dal cuore infatti provengono i pensieri malvagi. Nulla di esterno dunque può nuocere all’uomo, ma soltanto lo spirito di tenebra che vive, agisce e abita nel suo cuore. Ciascuno dunque deve conquistare la vittoria nella lotta dei pensieri affinché nel suo cuore risplenda il Cristo, al quale è gloria nei secoli dei secoli, Amen.”

Maestro