FRATELLANZA (III)

Durante i festeggiamenti per il terzo anniversario della fondazione della nuova associazione Alchimistica Satyasvara, il 7 gennaio 2019, il nostro maestro ha chiesto ai presenti di condividere il proprio vissuto all’interno della scuola. In questa occasione ho avuto la fortuna, o la Grazia, di partecipare ad una manifestazione di affetto e fratellanza reale, così grande e pura che è davvero raro potervi assistere nella vita e nelle relazioni ordinarie… qualcosa di bello e toccante, che mi ha riconfermato il senso di quest’avventura, personale e comune. In quell’occasione non sono riuscito ad esprimere in maniera appropriata quello che realmente sento; cercherò di farlo attraverso questo articolo.

RITIRO INTENSIVO DI MEDITAZIONE, MARZO 2017: Roberto, il mio maestro, chiese di domandarsi con serietà ed introspezione sincera quali fossero le nostre reali aspirazioni. Cosa vogliamo davvero realizzare negli anni che ci rimangono da vivere. Mi domandai: “Cosa vuoi davvero, Davide?” Le prime righe che ho scritto sul mio diario dell’epoca sono queste: «In primo luogo, vorrei un gruppo di persone in cui sentirmi accolto. Una comunità a cui sentire di appartenere, per la quale impegnarmi, una collettività che condivide un’idea, una visione della vita e dell’uomo, che la porta avanti, la fa crescere e maturare giorno per giorno. Una famiglia, insomma, da amare e in cui sentirmi amato, con la quale condividere quest’avventura che si chiama Vita».

Mi rendo conto che c’è un filo che lega quest’articolo e i due precedenti che ho scritto per questo blog. Il primo, sul Bhakti Yoga, tratta della devozione al Divino attraverso la relazione con il maestro; il secondo, con tema “la gelosia”, relativo al rapporto di coppia inteso come ascesa verso l’Uno. In questo, invece, scriverò del rapporto di fraterna amicizia, all”interno di un gruppo di persone, basato sulla compartecipazione di una vita offerta alla ricerca spirituale. In India esiste un termine specifico che è Satsang (da “sat” = vero, “sanga” = compagnia, quindi un consesso di persone che si pone l’obiettivo del raggiungimento della Verità Ultima). Tra l’altro, in occidente è il significato reale di ciò che è chiamata Chiesa “ekklesia”, oggi intesa come un’istituzione formale lontana dal fedele, ma che nasce come un’assemblea, una comunione intima e sociale di persone che condividono e vivono uno stesso credo.

Tornando al punto, quindi, in tutti e tre questi articoli il focus è la relazione con gli altri esseri umani. Condivido il sentire di Dennis Gira, che nel libro, LA SCELTA CHE NON ESCLUDE, scrive: «L’uomo, che è fondamentalmente un essere di relazione, […] deve vivere senza riserve questa dimensione della sua esistenza per poter diventare pienamente umano, perché gli venga svelato il mistero che riguarda la sua persona (e i suoi fratelli).» Ma bisogna fare chiarezza: di quale relazione stiamo parlando? Cosa sentire che davvero mi riveli il senso profondo del mio essere uomo? Dennis Gira continua: «Una relazione “riuscita” va in direzione dell’approfondimento, dell’apertura e della comunione. Si tratta dunque di relazioni che permettono al singolo individuo di crescere come persona all’interno di una comunità umana» «[Le relazioni] non riuscite sono state causa di dolore. […] Una relazione che diventa causa di conflitto, che si riduce ad un rapporto di forze; una relazione in cui una persona assume una posizione di dominio; una relazione in cui non viene rispettata la libertà di ognuno, né riconosciuta la profondità di ciascuno. L’odio, la gelosia, la collera e la violenza sono presenti ovunque nelle società umane, a tutti i livelli. Nessuno ne è immune. […] L’uomo soffre anche a causa delle relazioni superficiali che si creano e si disfano a seconda delle circostanze o degli interessi di una o dell’altra delle persone che si vi si “impegnano” (termine che in questo contesto sembra fuori luogo). […] In queste relazioni, l’altro viene trattato più come un oggetto che una persona».

Ricordo bene quello che vivevo durante l’adolescenza, la sofferenza e il disagio nel non riuscire a coniugarmi con le persone che attraversano assieme a me questo mondo. Quello che sembrava potessero offrirmi non mi bastava. Rapporti superficiali, ambigui, “liquidi”, erano a volte un piacevole passatempo, altre volte invece erano causa di profonda inadeguatezza e inconciliabilità. Un continuo carnevale, una mascherata, in cui l’unico scopo del ritrovarsi insieme sembrava solo il distrarsi, il divertirsi a tutti i costi. Aspettare così che la vita, piatta, si dispieghi di fronte a noi…. come imposta dall’alto…. ogni tanto qualche svago…. e giorno dopo giorno ingurgitare sempre il solito menù insipido. Mi sentivo un disadattato, vedevo tutti così apparentemente integrati in questo sistema di cose, le poche volte che provavo ad esporre un anelito differente, un’ideale di una ricerca più vasta, ricevevo come risposta uno sguardo interdetto oppure un sorriso sornione. Al massimo entusiasmi da ubriachi, dimenticati la mattina successiva al sorgere del mal di testa. Potevo condividere questo sentire giusto con un paio di amici, quelli veri, con i quali passavamo le notti a confidarci, cercando di snocciolare il mistero della vita, dell’uomo, a sognare di rivoluzionare il mondo, creare nuovi modi di vivere su questa Terra. Eravamo alla ricerca, neanche noi sapevamo bene di cosa, ed eravamo soli.

Qualche anno dopo, quando la crisi divenne acuta e insostenibile, entrai in un percorso di meditazione e autoconoscenza, e l’anno dopo iniziai a frequentare la scuola di Yoga. Ciò che all’inizio mi sorprese di più, fu lo scoprire che erano davvero tanti quelli che condividevano la mia inquietudine, e vivevano la stessa mancanza di un qualcosa che sentivano fosse indispensabile, desideravano quella stessa pienezza, quella vastità alla quale anelava il mio cuore. Finalmente avevo trovato un luogo in cui poter partecipare insieme ad altre persone a questa ricerca, non mi sentivo più come una barchetta solitaria sperduta in mezzo ai flussi dell’Oceano, ma all’interno di una flotta diretta alla scoperta di un Nuovo Mondo. Esaltante! Un filosofo di cui non ricordo il nome diceva: «la vera fratellanza si sperimenta nell’intraprendere un’avventura comune».

Adesso sono passati diversi anni, e alcune di queste persone sono diventate a me le più care in assoluto. Quando dico che per me sono una famiglia non è una pia sdolcinatezza. L’affetto che c’è tra noi non è basato su una semplice simpatia reciproca, sulla piacevolezza del condividere ogni tanto un po’ di tempo assieme. È necessario agli uomini e alle donne di oggi comprendere che solo dal lavoro costante su di sé, dallo sforzo nel guarire le proprie personali distorsioni, paure, ferite, si può giungere ad una relazione con l’altro che sia davvero sana, reale e feconda. Dobbiamo capire che la causa della nostra sofferenza, ma anche della malvagità, dell’egoismo, del cinismo di questo mondo risiede prima di tutto in noi stessi. Vivere insieme ad un gruppo questo faticoso ma entusiasmante processo di trasformazione del grezzo materiale umano di base, al risplendente bagliore della nostra eterna anima è di inestimabile sostegno, genera una connessione profonda tra le persone, ci insegna l’ascolto e la comprensione paziente del prossimo, il coraggio di poter abbandonare le proprie maschere difensive per poterci mostrare per quello che realmente siamo ed aiutarci a vicenda nel far sbocciare le proprie specifiche capacità. Questo viaggio, inoltre, credo diriga necessariamente alla scoperta di ancora un altro tipo di relazione, che è quella fondamentale e sorgente di tutte le altre, ovvero quella con Dio, fonte di Eterno Amore. La comunione sperimentata tra gli uomini è come se fosse una promessa della pienezza perfetta che possiamo trovare solo nella comunione con il Padre, nella quale potere sentirci dei fratelli uniti nell’Unico Amore. «Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).

Davide