Israele 2023 – Diario di viaggio

Sabato 5 – Arriviamo a Gerusalemme: Era venerdì 4 agosto e ci stavamo tutti preparando alla partenza. La nostra meta ci attendeva nel cuore caldo e infuocato di Israele, in una città talmente incredibile da non potersi immaginare nemmeno con la più fervida fantasia, per l’intensità dell’energia che la avvolge, per l’intreccio di religioni coesistenti, etnie e culture diverse, da millenni riconosciuto come un insostituibile luogo sacro dalle principali religioni monoteistiche. Ci stavamo dirigendo infatti a Gerusalemme. Venerdì partirono da San Benedetto il Maestro, Immacolata, Guido e Angela con la bomboletta Diana, Mary, Mattia, Kevin e Ana. Da Bologna partirono invece Clara e Adriana, mentre Nicolò ci avrebbe raggiunti una settimana più tardi. Tutti quanti abbiamo raggiunto Roma e abbiamo passato la notte chi ad Ashram 4 da Davide e Paolo, chi da Eszter e chi a casa di Lyubov. Tutti pronti la mattina presto del sabato ci siamo ritrovati sotto Ashram 4 per partire verso l’aeroporto. Raggiunto l’aeroporto abbiamo lasciato le macchine in un parcheggio apposito, il check-in era fatto, e dopo i vari controlli siamo finalmente partiti. Il viaggio per Tel Aviv è andato tutto liscio, città dalla quale avremmo dovuto poi raggiungere Gerusalemme. La sorpresa fu infatti all’aeroporto di Tel Aviv dove ci siamo resi presto conto che, essendo arrivati di sabato, eravamo nel pieno dello Shabbat, ovvero il giorno del santo riposo per gli ebrei, e per questo mancavano completamente mezzi di trasporto pubblici. Dopo un primo momento di spaesamento in cui non sapevamo bene che fare, siamo riusciti poi a cavarcela bene prendendo un pulmino taxi che per trenta euro scarsi a persona ci avrebbe condotti finalmente a Gerusalemme. Durante i primi scambi con gli Israeliani, sia in taxi che nell’aeroporto, abbiamo per la prima volta sentito la loro lingua e il particolare accento con cui parlano l’inglese, e già durante il viaggio in taxi si percepiva l’energia particolarmente yang sia delle persone che dell’ambiente in sé… distese sconfinate di deserto e caldo estremo, la terra nuda, le pietre, e poi infine l’emergere di questa città incredibile che sapeva di potenza e di spiritualità: Gerusalemme. A Gerusalemme Mary aveva trovato un alloggio fantastico, un monastero di suore Brigidine, ognuna delle quali esprimeva grande gentilezza e senso sincero di accoglienza verso di noi. Una volta sistemati nelle stanze, che erano tutte molto pulite e accoglienti, siamo usciti per la nostra prima uscita per Gerusalemme. Praticamente facendoci una passeggiatina pomeridiana avevamo già visto i posti di maggior importanza per tutto il cristianesimo. La prima tappa fu la tomba di Maria… situata all’interno di una chiesa metà ortodossa e metà armena. L’attitudine devozionale di molte diverse persone che entravano era molto diversa da quella che possiamo incontrare nelle nostre chiese… e il campo energetico in cui ci si immergeva lì dentro lo poteva confermare. Stare lì era come essere in un’altra dimensione, avvolti in una presenza di dolcezza, femminile e materna, che ti ascoltava fin dove tu non potevi nemmeno immaginare. Un attimo dopo ci trovavamo nel giardino dei Getsemani, il luogo in cui Gesù pregò il Padre Suo affinché non dovesse subire ciò a cui era stato destinato, ma sottomettendosi sempre alla volontà di Dio. “Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà e non la mia” (Mt, 42). Accanto al giardino si ergeva il santuario dell’agonia di Gesù Cristo… un luogo incredibile, mistico e pieno come le profondità dell’oceano, in cui ci siamo fermati a pregare a lungo. In seguito, per non farci mancare nulla, abbiamo raggiunto la chiesa del Santo Sepolcro di Gesù, nella quale erano presenti anche il luogo della crocifissione e la pietra su cui era stato disteso dopo essere stato tolto dalla croce. Questa chiesa era gestita da tre correnti del cristianesimo, Cattolici, Ortodossi e Armeni, con un fluire costante di pellegrini e con l’intervallarsi di processioni e canti che facevano vibrare tutte le mura. E una carica tanto forte e densa da farti sentire quasi male… Attraversando il labirintico mercato di Gerusalemme abbiamo concluso la nostra giornata mangiando chili di humus e falafel in un piccolo ristorante, con una fame gigantesca godevamo di quegli splendidi sapori, mentre i canti islamici del Muezzin riempivano quella città magica in cui, senza renderci ancora davvero conto, ci trovavamo.

Domenica 6 – Il muro del pianto e telefoni smarriti: Arrivati al mattino, scendiamo lungo il Monte degli Olivi, dirigendoci di nuovo verso il Getsemani. Ci immergiamo in preghiera per un tempo indefinito nel silenzio e nell’ombra del Santuario. In pochi istanti a piedi, raggiungiamo la Città Vecchia, nei pressi della Porta di Damasco, situata principalmente in una zona abitata da persone di origine araba, ma all’interno dei confini dello Stato di Israele. Attraversando la Porta si entra nell’area musulmana della Città Vecchia. Le strette strade sono piene di bancarelle e piccoli negozi che offrono una varietà infinita di merci, dagli ortaggi ai souvenir per i turisti. È semplice smarrirsi, ma seguiamo con fiducia Kevin, che consulta la mappa della città sul telefono, districandoci tra vicoli e le stradine, procedendo a zig zag attraverso la città. In alcuni tratti c’è tanta folla da far fatica camminare. Raggiungiamo infine il check-point che indica l’ingresso nella zona ebraica. Ci sottoponiamo a un rapido controllo dei nostri effetti personali e attraversiamo il metal detector. Appena entriamo l’atmosfera subisce un cambiamento drastico. C’è tanta gente in una vasta piazza, tutti in pietra chiara, dallo stile semplice ma moderno. Dopo pochi passi, giungiamo al Muro del Pianto, che si affaccia su uno spazio quadrata, delimitato dal resto di circa 100 metri di lato, dove gli uomini vengono indirizzati a sinistra e le donne a destra, in due zone separate tra loro. Per gli ebrei questo è il luogo più santo esistente sulla Terra. Qui infatti sorgeva il primo Tempio, costruito da Salomone e, sullo stesso luogo, sarebbe stato eretto il secondo Tempio. Quest’ultimo fu distrutto dai Romani a seguito della diaspora del popolo ebraico. Tutto ciò che ne rimane è il muro di contenimento occidentale del Tempio conosciuto, appunto, come Muro del Pianto, perché qui il popolo ebraico viene per pregare e ricordare la distruzione del luogo per loro più sacro. Ci avviciniamo al Muro. In totale, ci saranno un paio di centinaia di persone; molte sono in piedi, alcune compiono brevi inchini ritmici, altre toccano il muro e infilano pezzi di carta scritta tra le grandi pietre. Qualcun altro rimane seduto, a contemplare il muro o a leggere le Scritture. Anche il Maestro e alcuni di noi toccano il muro; l’atmosfera richiede silenzio e rispetto. Il cielo terso di Agosto non risparmia le nostre teste dal sole impietoso del Medio Oriente, ma il clima si accorda perfettamente con la specifica energia della spiritualità ebraica, antica, maschile, dura come talvolta può essere l’Antico Testamento, ma al contempo colmo di amore infuocato, proprio come il rovo in cui si manifestò Yahweh a Mosè nel deserto. A sinistra si estende un lungo corridoio, che si affaccia anch’esso sul Muro. Entriamo anche noi: è pieno di fedeli e troviamo numerosi libri accatastati sulle librerie alle pareti. Un salmodiare sommesso ed alcuni canti si elevano nell’aria e la gente va e viene da quel luogo sacro per gli Ebrei. Ci sono bambini, anziani, turisti; ebrei contemporanei, riconoscibili solo dal piccolo cappello a cupola, e ebrei ortodossi, con i lunghi riccioli ai lati del volto e vestiti di nero. Molti hanno in mano i loro libri sacri e si accostano al muro iniziando il classico dondolamento, segno che la loro preghiera infervora le menti e il corpo. Ritorniamo in piazza per riunirci al resto del gruppo, maschi e femmine finalmente insieme, ma purtroppo per la nostra Eszter c’è una brutta sorpresa: il suo telefono, appena comprato, è scomparso nel nulla. Tentiamo una ricerca nell’area femminile, chiediamo alla polizia se qualche anima gentile abbia trovato e consegnato il telefono, ma nulla. Il gruppo decide di ritornare verso il Monastero sul Monte degli Ulivi, ma Davide ed Eszter rimangono indietro per cercare il telefono. Purtroppo, senza risultati. Ma c’è anche una nota positiva: una volta tornati a casa, scopriamo che per raggiungere la Porta di Damasco bastava continuare dritto lungo la strada principale, evitando così il labirinto dei cunicoli suggerito dalla mappa salvata sul telefono, risparmiando almeno metà del tempo.

Lunedì 7 – Proviamo ad andare al Mar Morto: Dopo qualche giorno di assestamento in questa nuova incredibile realtà decidiamo di fare un viaggio più “turistico” alla volta del famosissimo Mar Morto, chiamato così perché talmente salato da rendere impossibile la presenza di alcuna forma di vita. Partiamo come sempre nel nostro stile “all’avventura”, ci dirigiamo a prendere il bus facendo una lunghissima camminata a piedi che ci ha permesso di poter vedere anche la parte più moderna di Gerusalemme nella zona ovest, fuori dalle mura; una zona prevalentemente ebraica completamente costruita in stile occidentale. Questa parte è sicuramente molto comoda, piena di negozi e locali molto carini, ma rispetto alla Città Vecchia perde di gran lunga il suo fascino sia in particolarità di odori e suoni, ma anche in ospitalità calda e accogliente più tipica della “verve” araba. Per non parlare poi della risonanza completamente diversa sul piano spirituale, era veramente assurdo quanto spostandosi semplicemente di qualche decina di metri, allontanandosi dal nucleo centrale mistico e multiculturale della Gerusalemme originale, tutta quell’energia densa di contatto divino, aspirazione e dedizione spirituale scemasse per lasciar spazio a qualcosa di più diluito e commerciale. Comunque, dopo una lunga e piacevole passeggiata trascorsa a chiacchierare, pregare e guardarsi intorno, arriviamo alla central bus station, e alcuni di noi fanno a tutti le tessere per il viaggio, scoprendo quindi come funzionasse il sistema dei mezzi pubblici, un’altra cosa utile da imparare che ci è servita infatti nei giorni successivi per tutti i viaggi fatti. Saliamo nel bus e piano piano ci avviciniamo alla zona del Mar Morto, lasciando quindi il territorio di Israele per arrivare in Palestina. Il viaggio è stato ovviamente incredibile dal momento che abbiamo visto paesaggi sempre diversi e decisamente molto distanti da quelli che degli europei sono abituati a vedere: lunghe distese desertiche, montagne aride e piantagioni di datteri. Poi piano piano, in lontananza cominciamo a vedere dell’acqua che brillava sotto il riflesso del sole: wow, finalmente il Mar Morto, evviva!! Un’emozione unica poter vedere finalmente un luogo da sempre studiato nei libri di geografia, e descritto il più delle volte come un luogo particolare, misterioso, affascinante proprio perché privo di vita e immerso nel deserto. Scopriamo poi essere anche il punto più basso della terra, poiché si trova a -430 mt. sotto il livello del mare. Ci avviciniamo sempre di più al mare (anche se di fatto è un lago) guardando anche con stupore la quantità di filo spinato usato per delimitare buona parte del territorio, rendendolo quindi inaccessibile a quei turisti che preferiscono come noi improvvisare il da farsi strada facendo e accedendo a luoghi più naturali, piuttosto che affidarsi a strutture ricettive affollate di gente. Però impareremo gradualmente che in un territorio così particolare dalla situazione geopolitica così delicata come i territori di Israele e Palestina, molte libertà vengono per forza di cose limitate in favore di una maggiore “sicurezza” e maggiore controllo. Decidiamo però di non fermarci subito al mare, ma di andare a visitare quest’oasi naturale chiamata Ein Gedi, costituita da numerose cascate di acqua dolce e freschissima che si stagliavano di tanto in tanto tra le rocce desertiche tipiche di quel posto. Per cui arriviamo, facciamo un breve ristoro per prepararci al caldo parecchio impegnativo, poi facciamo i biglietti e iniziamo ad incamminarci. Dire che il posto fosse assolutamente fantastico, è non rendere giustizia al misticismo di quelle rocce nude scaldate dal sole d’oriente, e alla freschezza di quelle piccole oasi che di tanto in tanto si incontravano e nelle quale ci immergevamo con tutti i vestiti, provando una sensazione rigenerante veramente piacevole. Un posto molto apprezzato anche dai locali dal momento che ce n’erano numerosi e che si divertivano tutti immergendosi nei getti forti delle cascate o nei piccoli laghetti di acqua pulita che si venivano a creare. La cosa bella di questo posto era anche passare dal deserto, a dei piccoli canyon senza luce immersi nell’acqua, dove per passare, bisognava fare dei veri e propri guadi, una sensazione di vera avventura! Strada facendo poi ci giriamo, e lui è lì: il Mar Morto grande, placido, illuminato… e caldo. Da lontano faceva da sfondo a questo susseguirsi di roccia interminabile e sembrava veramente impossibile che mare e deserto potessero convivere a così poca distanza. Ad aggiungere bellezza a questo paesaggio incantevole, la silhouette di corna enormi di stambecchi che camminavano tranquillamente sopra di noi mimetizzandosi completamente con il colore delle rocce. Guardiamo l’orologio: caspita inizia a farsi tardi! Ragazzi forza sveltiamo il passo e dirigiamoci verso il Mar Morto. Usciamo dalle oasi, cerchiamo su internet il tragitto da fare per cercare una spiaggia balneabile e iniziamo nuovamente a camminare sotto il caldo rovente. Cammina che ti cammina, ma questa spiaggia non arrivava mai…poi di colpo vediamo una strada chiusa, transennata e crollata, subito dietro intravediamo i resti di quella che doveva essere una volta una struttura balneare. Iniziamo a fiutare l’idea che forse questo Mar Morto non lo raggiungeremo così facilmente, ma non ci perdiamo d’animo e continuiamo a camminare chiedendo ad Adri e Kevin (i nostri cartografi ufficiali) di cercare una strada per un’altra spiaggetta che, a detta di Google Maps, doveva arrivare di lì a breve…ma ovviamente non se ne vedeva nemmeno l’ombra. Per cui a un certo punto, essendo abbastanza tardi, decidiamo di prendere il bus e tornare indietro, saliamo e un po’ delusi ci arrendiamo all’idea di non poterlo vedere. Ma…colpo di scena, il nostro mitico Kevin trova una spiaggia balneabile lungo il tragitto del bus, così il Maestro decide di fare un ultimo tentativo e di fermarci alla fermata giusta. Arriviamo, scendiamo e leggiamo “Kalia Beach” to the Dead Sea. Entusiasmo immediato, e iniziamo a camminare lesti verso la direzione indicata, tagliando per un campo pieno di case abbandonate, definito come il primo quartiere Ebraico. Anche qui lunga camminata al caldo sotto il sole del tramonto, arriviamo a destinazione e scopriamo essere chiusa. I custodi ci spiegano appunto che per poter accedere al Mar Morto è importante farlo tramite strutture apposite proprio per la particolarità del luogo e che queste, avendo degli orari, permettevano la balneabilità in tempi definiti. A quel punto sconfitti e sconsolati, ci rendiamo conto dell’impossibilità di poter raggiungere quel tanto atteso mare, per cui ritorniamo alla fermata del bus cercando di sdrammatizzare un po’ con qualche battuta e delle risate. L’attesa per il ritorno a casa è stata un momento veramente indimenticabile: stanchi, sorridenti e baciati dal calore di un sole sempre più debole ma affascinante…uno stato di presenza difficile da dimenticare.

Martedì 8 – La Tomba dei Profeti e la Via Crucis: Dopo il tentativo fallito di poterci immergere nel Mar Morto, decidiamo di dedicare l’intera giornata a visitare buona parte di Gerusalemme est e l’interno della città vecchia racchiusa dalle mura di cinta. Dapprima ci incamminiamo verso il monte degli ulivi per visitare la tomba della Maddalena che si trova in quella direzione, ma facendo una lunga salita assolata, purtroppo troviamo chiuso e decidiamo quindi di andare a visitare le tombe dei profeti, segnalate dal nostro libro guida, come una meta spirituale molto interessante. Anche qui c’è una salita da fare che ci porta con un piccolo sforzo in una casa che sembrava essere più un cortile privato, e quindi inizialmente rimaniamo un po’ smarriti, con il dubbio di aver sbagliato strada, ma poi leggiamo un timido cartello inciso su legno con scritto “Tombs of Prophets”. Poco dopo vediamo arrivare un uomo molto accogliente dagli occhi gentili che ci dà il benvenuto, ci fa pagare il biglietto e ci dice che lui abita proprio lì…sopra le tombe! Una fortuna incredibile visto l’intenso campo spirituale che poi abbiamo avuto la fortuna di percepire non appena siamo scesi in quel labirinto sotterraneo. Ci dona delle candele da usare per illuminare il cammino visto che, trovandoci sottoterra, è tutto completamente buio. Ci spiega accuratamente come vivere questa esperienza, facendo dunque il giusto itinerario tra i vari piccoli corridoi, e sulla mappa ci segnala quelle che sono le tombe dei profeti più importanti: Aggeo, Zaccaria e Malachia, nelle quali infatti c’è una luce fissa pronta a segnalarle. Con poca luce a disposizione che ci permetteva di restare in uno stato di presenza e percezione maggiori, cominciamo a camminare lungo questi piccoli corridoi intervallati da cunicoli, recitando costantemente interiormente la preghiera del cuore, e lasciando immergere il nostro corpo e la nostra anima in questa energia molto profonda e trascendente che questo luogo aveva conservato nel tempo. Al termine di questa visita riemergiamo alla luce e al caldo, restiamo sul cortile antistante la casa della guida, seduti all’ombra di un bell’albero e ci rilassiamo un pochino, mangiando e parlando tra noi con il sacro sottofondo dei diversi Muezzin che nelle varie moschee intonavano versi del Corano. Pausa finita, ci si rimette in marcia, direzione: via dolorosa che la si raggiunge entrando dalla Lion’s Gate, una delle tante porte che consente l’accesso delle persone alla città vecchia. Questa via è famosa proprio perché è la via percorsa da Gesù prima di essere crocifisso, andando quindi a formare quelle che sono poi le tappe della via crucis. Decidiamo quindi di percorrerle tutte anche se, a causa della moltitudine delle persone, non era sempre facile vederle e trovarle. In alcuni punti c’erano anche gruppi di pellegrini che si fermavano a pregare o a leggere passi del Vangelo, ed era bello scorgere nei loro occhi il susseguirsi di emozioni più o meno intense nel poter fare un percorso così carico ed intenso spiritualmente come quello. Alcune tappe poi si trovavano anche all’interno di chiese e quindi era un’occasione valida per poter entrare, visitarle e restare in preghiera. Era assurdo comunque poter camminare in una città che ospitava tra le sue vie, quella che Gesù aveva toccato con i suoi piedi nel momento della sua passione, anche ora ripensare a tutto questo fa venire davvero i brividi. L’ultima tappa è ovviamente all’interno della basilica del santo sepolcro, una basilica veramente grande gestita da 3 ordini cristiani diversi: armeni, ortodossi e cattolici; e racchiude il Golgota, dove Cristo fu crocifisso e spirò. Un’altra giornata intensa di vissuti e di emozioni stava volgendo al termine, e gradualmente con il cuore colmo di amore e pace divina, ritorniamo nel convento che ci ospitava per cenare e concludere la nostra giornata.

Mercoledì 9 – Betlemme: Mercoledì 9 agosto… il compleanno di Mattiuzzo. Ci siamo incamminati la mattina per andare a prendere il bus per Betlemme; come sempre il sole riempiva il cielo e alle 10 della mattina il caldo era già molto intenso. Appena arrivati nella città di nascita di Gesù, alcuni autisti palestinesi si sono offerti per portarci in giro a bordo dei loro veicoli, in modo da permetterci di vedere tutti i luoghi importanti senza dover soffrire troppo il caldo e senza dover percorrere a piedi lunghe distanze. Noi decliniamo l’offerta perché costava un po’ troppo, e loro ovviamente continuano ad insistere. In realtà, oltre al discorso economico, pareva che ci tenessero davvero a mostrarci la loro città, in particolare farci vedere il famoso muro eretto per dividere i terreni palestinesi da quelli israeliani, su cui Bansky aveva realizzato alcune tra le sue opere più famose. Betlemme è infatti una città pienamente palestinese e nell’aria si respira intensamente un’atmosfera araba, completamente diversa da quella dei territori Israeliani. Ci incamminiamo subito verso la basilica della Natività, una chiesa ortodossa e armena, e ci mettiamo in fila per poter accedere alla sala in cui nacque Gesù, una stanza sotterranea in cui erano presenti il punto in cui nacque e la mangiatoia dove venne riposto, vicino al bue e all’asinello. I turisti e i fedeli che passavano di lì erano davvero tanti. Ci siamo seduti di fronte alla mangiatoia in ascolto e in meditazione di quell’energia materna così intensa e palpabile che riempiva la sala… e con il pensiero di che cosa straordinaria fosse poter visitare quei luoghi incredibili, ognuno dei quali così intenso e particolare. Dopo una buona mezz’ora siamo tornati al piano di sopra perché stava per cominciare una messa armena alla quale abbiamo assistito con attenzione. Le preghiere recitate in modo melodico e continuo ipnotizzano chi le ascolta e possono veramente riempire il cuore di amore senza che razionalmente uno ne capisca il motivo. Finita la messa, il marasma di persone accodate per entrare nella sala della Natività erano sparite e siamo tornati di nuovo nella stanza sotterranea a meditare e pregare più in tranquillità. Dopo la basilica della Natività ci siamo seduti a bere delle spremute in un piccolo locale, e dopo esserci riposati e rinfrescati, abbiamo ripreso il nostro percorso. C’erano molti negozi con articoli cristiani gestiti da palestinesi, alcuni dei quali veramente tanto dolci e gentili. Uno di questi era un falegname che realizzava statuette in legno e ci ha lasciato libero l’accesso al tetto del suo laboratorio dove si vedeva il panorama di Betlemme e delle aride colline attorno. Abbiamo poi visitato la Grotta del Latte, dove si diceva essersi rifugiata Maria con Gesù durante la persecuzione dei bambini ordinata da Erode; lì accadde che Maria perse un po’ di latte, che cadendo a terra aveva fatto diventare bianca tutta la grotta. In seguito, passando attraverso i vivaci mercati di strada, ci siamo incamminati verso la fermata dell’autobus dove Mattia imbarazzato si è cuccato tante belle canzoncine di compleanno. Tornati poi a Gerusalemme siamo andati a festeggiare il compleanno di Mattia in un ristorante dove non facessero humus e falafel (dei quali iniziavamo ad essere un po’ saturi!) ovvero in buon ristorante thailandese che mette d’accordo tutti. La sera, tornati in monastero, l’eroico Paolo era riuscito anche a trovare una torta in un negozio israeliano e Mattia, ovviamente sempre a suo agio, ha potuto condividere con tutti il suo discorso di compleanno.

Giovedì 10 – Tomba di Davide: Un’altra tappa importante era quella di visitare la tomba del Re Davide e così anche quel giorno, guidati dalla grande voglia di scoprire l’incanto di Gerusalemme e dal solito grande caldo, ci mettiamo in cammino. Durante il percorso decidiamo prima di fare visita alla tomba della Maddalena, in quanto nei giorni precedenti non eravamo riusciti a vederla. Un percorso molto in salita che ci ha portati in un luogo dall’energia molto intensa e di una grande solennità. All’interno della chiesa che ospitava la tomba c’erano delle opere d’arte davvero molto belle, alcune delle quali devo dire ci hanno trasmesso un’intensa energia spirituale che ci ha accompagnato durante il resto del cammino. Lasciata la tomba proseguiamo il nostro percorso e casualmente approdiamo ad una grande tenda in stile arabo e subito ne veniamo attratti. Arrivati al suo interno, sembrava proprio di stare in una di quelle tende sperdute nel deserto con grandi tappeti a terra e cuscini per stendersi. Veniamo accolti da alcuni ragazzi molto gentili che subito ci chiedono se vogliamo bere del tè o del caffè arabi. Optammo per il tè, davvero delizioso. Ne approfittammo per riposare un po’ e rinfrescarci, e poco dopo arrivò un uomo vestito con degli abiti tradizionali e con un volto davvero particolare, segnato dal tempo e dalle esperienze vissute in un territorio difficile come quello della Palestina. Viene accanto a noi e ci chiede se vogliamo bere del caffè fatto in modo tradizionale, ossia: macinare a mano con un bastone il caffè assieme al cardamomo, e poi cuocere qui chicchi con dell’acqua in una teiera sul fuoco. A quel punto non potevamo dire di no e non ce ne pentimmo affatto, era davvero delizioso. Finito il relax, decidiamo di proseguire verso il Monte Sion, dove appunto si trova la Tomba. Arrivati qui il ricordo è quello di tante pietre chiare illuminate dal sole che rendevano l’atmosfera ancora più magica e continuando a camminare arriviamo finalmente a destinazione. Anche in questo caso, come tutti i luoghi di culto ebraici, gli spazi degli uomini e delle donne sono divisi, quindi il gruppo si divide. All’interno della sala che ospita la tomba, l’energia è enorme, indescrivibile…qualcosa che a parole non può essere replicata, un’energia forte e trascendente che salendo fino alla testa rendeva davvero difficile poter restare lucidi. Il gruppo degli uomini (diviso da noi da una semplice parete che non arrivava neanche a soffitto) inizia ad intonare una canzone in ebraico: Shema Israel. Esistono alcune esperienze che purtroppo se non vissute non possono essere capite, perché le parole per descriverle non sono mai abbastanza. Ecco questa è una di quelle esperienze. C’è stato come un momento di straniamento totale dalla realtà, come essere trasportati in un’altra dimensione con il cuore pieno fino a scoppiare, le lacrime che scendono senza sosta, e la cima della testa che vibra verso l’infinito. Forse questo rende minimamente l’idea di ciò che avvenuto in quel momento…. completamente sconvolti e pieni di quell’energia, finita la canzone proseguiamo e arriviamo nel luogo dove Gesù svolse l’ultima cena, e anche qui la vibrazione di ciò che ci circondava era davvero intensa facendoci continuare a vivere uno stato di semi incoscienza. Il posto era davvero particolare perché al suo interno convivono elementi cattolici, musulmani ed ebraici, proprio a causa delle continue invasioni che un posto come la Palestina ha vissuto nei secoli. Proprio per questo quel luogo rappresenta la pace e la convivenza dei popoli con culture e religioni diverse. Un luogo che in un certo senso dona speranza a quelle dinamiche umane egoiche che poi nella vita reale diventano a volte motivo di conflitto e sofferenza. La giornata volge a conclusione, e nel rientrare in monastero passiamo per il quartiere ebreo della città vecchia, e non potevamo non finire in dolcezza, assaggiando i numerosi dolci tipici davvero molto buoni.

Venerdì 11 – Andiamo al Mar Morto: Dopo il tentativo fallito di immergerci nelle acque del Mar Morto di alcuni giorni prima, imperterriti ci riproviamo, questa volta più preparati e informati sulle modalità con cui ci saremmo dovuti muovere. Essendo venerdì avremmo dovuto prestare molta attenzione agli orari, poiché nel tardo pomeriggio cominciava Shabbat e le linee dei pullman venivano sospese. La mattina ci siamo recati alla stazione degli autobus e abbiamo preso il primo disponibile per il Mar Morto. Una volta scesi, come normale che fosse da quelle parti, ci siamo ritrovati in un caldo infernale, in mezzo al panorama desertico del Mar Morto. Ci siamo incamminati verso un punto di balneazione a pagamento, attrezzato di ombrelloni, sedie, ma soprattutto di docce, per renderci poi conto di quanto fossero fondamentali questi elementi…. e muniti di costume ci siamo addentrati nelle acque… caldissime e iper iper salate, in cui talmente si galleggiava che pareva difficile mantenere la posizione eretta. Abbiamo anche scoperto quanto tutto quel sale potesse bruciare su ferite scoperte e parti del corpo in cui la pelle è più sensibile. Ma un luogo del genere era veramente surreale e incredibile. Verso riva, sul fondo, erano presenti anche i famosi fanghi, con i quali ci siamo ricoperti il corpo dalla testa ai piedi acquisendo aspetti al confine tra il buffo e il mostruoso. Ci siamo fatti scattare alcune foto, tra cui in particolare una con solo le ragazze con la lingua di fuori, poiché con la pelle tutta nera ricordavamo molto la dea Kali. Poi la prima doccia… c’erano delle docce fantastiche da cui l’acqua usciva fortissima… ed era veramente una goduria per il corpo stare sotto quel getto di acqua fresca e dolce dopo tutto quel sale. Infine, siamo ritornati di nuovo a farci il bagno e il Maestro ci ha proposto un fantastico esercizio, che lui stesso stava facendo, di purificazione delle vie respiratorie. Dovevamo quindi aspirare dalle narici l’acqua del mare in modo da ripulirci e disinfettarci, e molti di noi hanno voluto provare… lì per lì il naso faceva un dolore incredibile che penetrava fin nel cervello, ma poi ti lasciava ripulito, liberando da muco e mal di gola. Ci siamo fatti grasse risate nel vedere reciprocamente le facce e le reazioni di quando l’acqua entrava nelle narici, in particolare Lyubov ha avuto la reazione con le espressioni più esilaranti… sembrava praticamente che fosse diventata cieca… e noi ovviamente a ridere mentre lei soffriva. Siamo poi ritornati alle docce per un’ultima lavata e dopo esserci rifocillati, pian piano ci siamo di nuovo incamminati verso l’autobus. Per concludere l’esperienza nel Mar Morto, siccome sembrava che il bus fosse in anticipo e temevamo di perderlo, Kevin e Ana si sono fatti una super corsa sotto il sole cocente per poterci precedere alla fermata, per la quale ho provato per loro veramente molta ammirazione. In ogni caso camminare in quei luoghi e in quel clima così estremo, con quei panorami così secchi e desolati è un’esperienza unica, che ti mette in contatto con la forza quasi spaventosa del sole… con il mistero che trasmettono i chilometri di distese desolate… e sentire come Dio vibri infinitamente forte anche nell’angolo più invivibile e apparentemente dimenticato.

Sabato 12 – Il Sabbath nella Città Vecchia: Arriviamo nuovamente al Sabbath, oggi giornata libera anche per noi, possiamo decidere come meglio passare la giornata. C’è chi preferisce prendersela con calma e riposarsi un po’ di più, chi invece, o in solitaria o in compagnia, decide di esplorare con calma la Città Vecchia. Questa antica zona di Gerusalemme, circondata da mura, è difficile da descrivere e catapulta il viaggiatore in un’atmosfera magica da “Le mille e una notte”. Non c’è un unico centro, non esiste una piazza o un monumento che la rappresenti nella sua totalità. Qui infatti sono quattro le tradizioni che la animano, e ognuna di queste ha la sua personalità, le sue tradizioni, il suo modo di vivere e di credere. Nella città convivono i fedeli di tre distinte religioni, infatti a pochi passi l’una dall’altra sorgono alcuni dei siti più sacri delle tre religioni abramitiche: il Muro del Pianto, la chiesa del Santo Sepolcro e la moschea di al-Aqsa. Passeggiando per la città, accanto ad una chiesa armena si può udire il canto del muezzin che invita i fedeli alla preghiera, oppure vedere il cimitero ebraico, con le caratteristiche tombe di pietra rettangolari accalcate l’una all’altra, separato quasi impercettibilmente da quello cristiano, entrambi ai piedi del Monte degli Ulivi. All’esterno delle mura che delimitano la zona sacra per gli ebrei, ecco degli operai mussulmani che interrompono il lavoro per iniziare le loro prostrazioni all’ora stabilita, rivolti verso la Mecca, mentre attorno si vedono camminare gli ebrei ortodossi, sempre di fretta e con i loro tipici lunghi abiti neri e cappelli a falda larga, nonostante il caldo di Agosto. Oltre ai luoghi di culto, Gerusalemme con le sue strette viuzze ospita un grande mercato che attraversa i quattro quartieri, un caleidoscopio vibrante di colori, odori, suoni, tantissime persone, che, insieme al clima infuocato, possono dare un senso di vertigine. Entrando in una delle numerose porte presenti lungo le mura che custodiscono la Città Vecchia, ci si ritrova immersi in un labirinto di stradine strette e bancarelle affollate. Le merci esposte vanno dalle spezie ai tessuti, vestiti tipici ebraici e mussulmani, frutta esotica, oggetti di artigianato in legno d’ulivo e bevande rinfrescanti, senza contare i numerosi negozietti di icone e rosari, e i fedeli islamici che regalano il corano tradotto in tutte le lingue. È bello fermarsi ogni tanto seduti al tavolo di un piccolo locale e assaggiare dei gustosi falafel appena preparati, o oppure un baklava ricco di miele, sorseggiando un the caldo alla menta. Nel pomeriggio, mano a mano tutti quanti cominciamo a rientrare al monastero sul Monte degli Ulivi, per ritrovarci poi tutti insieme la sera con il Maestro, per pregare insieme prima di andare a dormire.

Domenica 13 . Sotto il vecchio Tempio: Visitare i famosi Tunnel del Kotel (così viene chiamato il Muro del Pianto) è una di quelle tappe che bisogna assolutamente fare per capire come si svolgeva davvero la vita in Palestina 2000 anni fa, prima che nell’anno 70 quel luogo fosse distrutto dalle legioni romane di Tito dopo la rivolta ebraica. Una guida quindi ci accompagna nel sottosuolo della città Vecchia, dove è possibile visitare un intreccio di tunnel più o meno stretti che accolgono sale di preghiera, biblioteche e piccole nicchie in cui poter restare in silenzio a meditare o pregare. La guida ci spiega davvero molte cose e ci mostra quindi una parte del muro restante del Tempio, che non è visibile in superficie e come tale presenta elementi costruttivi diversi rispetto al Kotel che tutti noi conosciamo. L’esperienza è stata molto interessante soprattutto da un punto di vista storico e culturale, anche se non molto sul piano spirituale, però è stata anche un’ottima occasione per restare un po’ al fresco. A visita finita, torniamo dunque ad immergerci nel frastuono della città vecchia con le sue bancarelle, i suoi colori e i suoi profumi.

Lunedì 14 – La Moschea e l’Assunzione di Maria: La mattina di lunedì 14 ci siamo incamminati verso la spianata delle moschee, il cui accesso era appena adiacente a quello del muro del pianto. Difatti, come abbiamo scoperto, la spianata delle moschee era stata eretta lì dove nei secoli furono costruiti e distrutti più volte dei templi molto importanti, cuore spirituale dell’intera città. Il muro del pianto, luogo di culto ebraico, non è altro che una parte di muro “sopravvissuta” ai secoli di quelle che erano le mura che cingevano il vecchio tempio di Gerusalemme, considerato dagli ebrei come luogo sacro, praticamente divinizzato. Per entrare nella spianata delle moschee i controlli erano più rigidi, in quanto quel luogo negli anni aveva subito diversi attacchi. Infatti, per questa ragione, non era possibile per i “non mussulmani” poter accedere all’interno del tempio, ma soltanto poter visitare i luoghi all’aperto. Anche se eravamo all’aperto quello veniva completamente considerato un luogo sacro, e per questo sia gli uomini, ma soprattutto le donne, dovevano essere molto coperti. Abbiamo liberamente camminato per quegli spazi ampi e di pietre candide, in lungo e in largo, respirando quell’aria arabeggiante e così particolare, notando quanto fossero diversi i modi di fare, i volti e gli sguardi delle donne e degli uomini arabi rispetto agli ebrei. Il caldo era veramente molto intenso, ma ogni pochi metri c’erano fontanelle da cui usciva acqua ghiacciata, con la quale ci rinfrescavamo di continuo. La moschea dalla cupola d’oro è la prima cosa che risalta agli occhi guardando la città vecchia di Gerusalemme e a ripensarci commuove proprio pensare che luogo incredibile sia ogni angolo di quella città, quanta energia spirituale, con tante diverse sfumature, esca da ogni pietra. Usciti dalla spianata delle moschee abbiamo vagato un po’ per i vari vicoli del quartiere ebraico, fermandoci a mangiare e riposare in una piazza, chiacchierando e rifocillandoci. La piccola Diana, che era piena di energie, correva instancabilmente a destra e sinistra per la piazza, tutta contenta e spensierata. Il resto della giornata trascorse tranquillamente e ritornammo presto in monastero, perché la sera avremmo poi partecipato alla processione per l’assunzione di Maria. Dopo cena ci siamo infatti incamminati verso il giardino dei Getsemani, fermandoci poi in un uliveto lì accanto, nel quale gradualmente si radunavano sempre più persone. La processione era cattolica, e affluivano suore e frati di vari ordini religiosi, fino a riempire completamente quel luogo di raccoglimento. Ad ognuno era stato lasciato un libretto con tutti i canti della processione, scritti in più lingue e una candela. Dopo una prima parte di canti e preghiere recitati tutti assieme in tante lingue diverse, ci siamo gradualmente spostati nel giardino dei Getsemani vero e proprio, con le candele accese, cantando inni alla Madonna. Si sentiva un’energia dolcissima e bianca che ci avvolgeva, con tutte quelle persone che camminavano in cerchio e che si aiutavano a vicenda per mantenere accesa la candela. Siamo entrati infine nella Basilica dell’agonia, che già di per sé è un luogo che ti stordisce appena valichi il portone d’ingresso, così pieno e denso da mandare in confusione i sentimenti, e lasciandoti in uno stato di pieno silenzio mistico e oceanico, con uno strano e dolce dolore sul cuore. All’interno della basilica i canti continuavano, c’era un caldo umido che ti faceva svenire solo quello. Poi al centro della sala hanno riposto la statua di Maria distesa, ricoperta di petali ed ognuno si è avvicinato in preghiera e in devozione toccandola. Dopo l’intensità di questa esperienza, resa ancora più estrema dal caldo e dalla stanchezza, ci siamo riavviati verso il nostro caro monastero.

Martedì 15 – Lasciamo Gerusalemme: Alla fine abbiamo lasciato Gerusalemme, con molto dispiacere, il giorno di ferragosto. Dopo aver preparato tutti i nostri bagagli, che consistevano in un piccolo zainetto a testa, ci siamo avviati per andare a prendere un pullman che ci conducesse verso l’ultima tappa prima di spostarci completamente in un’altra zona. Ci siamo dunque recati al Museo dell’Olocausto, un luogo veramente particolare, con un’energia difficile da dimenticare. La struttura del museo era molto alta, con pareti dalle forme irregolari e squadrate, di un colore grigio scuro. Sulla prima parete appena entrati era proiettato un video in loop che parlava delle deportazioni degli ebrei e da subito aveva creato uno stacco energetico molto forte. Il museo era poi strutturato come un lungo percorso a zig zag che portava da uno spazio ad un altro, in cui erano presenti oggetti, interviste proiettate, testimonianze e didascalie più contestuali e storiche. L’effetto era quello di un’immersione in quel clima di assurdità della Seconda Guerra Mondiale e ciò che di tanto assurdo era accaduto, tanto che la mente fatica a comprendere davvero. Ma la parte che personalmente mi ha più colpita è stata la stanza finale dove sulle pareti venivano proiettate delle frasi, prese da lettere e diari, di ebrei deportati, alcune delle quali trasmettevano qualcosa di molto spirituale. Ad esempio Etty Hillesum, una ragazza deportata e poi morta nei campi, durante il periodo della guerra aveva vissuto un processo enorme di risveglio, di apertura verso Dio e di amore e compassione verso ogni essere umano. Usciti dal museo ci siamo riavviati verso il pullman per Tiberiade, dove avremmo trascorso gli ultimi giorni di viaggio. Giunti dopo qualche ora a Tiberiade, cittadina sul cosiddetto Mar di Galilea (che altro non è che un grande lago dolce), ci siamo ritrovati in un luogo caldissimo, molto afoso e pieno di vento. Ci siamo incamminati subito presso il luogo dove avremmo alloggiato, una struttura cristiana cattolica che accoglieva pellegrini. Una volta sistemati nelle nostre stanze abbiamo partecipato poi alla messa di ferragosto, un evento di grande festa per loro, in cui hanno cantato con grande enfasi e coinvolgimento, rendendola una performance quasi teatrale. Infatti alcuni di noi, non essendo abituati a questo tipo di rituali, erano rimasti un po’ straniti e con un po’ di diffidenza. Ogni giudizio avventato venne però smentito il giorno successivo, quando lo stesso prete fece un’orazione veramente molto bella e spirituale, dandoci dei consigli e degli spunti molto utili anche per la convivenza tra “fratelli spirituali” durante il viaggio.

Mercoledì 16 – Nazareth: Arrivati in Galilea ci rendiamo conto che la differenza con Gerusalemme è davvero enorme. Innanzi tutto questa zona è stata quasi definitivamente colonizzata dagli Ebrei, quindi della vecchia Palestina è rimasto davvero molto poco, per cui ci troviamo in un luogo più moderno, anche più pulito ed organizzato, ma anche più freddo, commerciale e dall’aria decisamente occidentale. Ovunque sventolano le bandiere israeliane, come a voler sottolineare che quel territorio ha cambiato ormai volto e identità. Parallelamente a questo anche la dimensione spirituale era decisamente minore rispetto a quella di Gerusalemme est e di buona parte di quella che una volta era la Cisgiordania. In Galilea il caldo è decisamente maggiore che nel territorio di Gerusalemme, ma ci facciamo coraggio e sempre con molta curiosità affrontiamo le prossime mete che ci eravamo prefissati. Una di queste è Nazareth dove Gesù è cresciuto e dove è possibile visitare alcuni luoghi spirituali davvero importanti come la basilica dell’Annunciazione che si trova nel cuore della città vecchia. Questa è la chiesa più grande di tutto il Medio Oriente che sorge nel sito dove tradizionalmente viene riconosciuta dalla Chiesa Cattolica la presenza della casa di Maria, il luogo dove l’Arcangelo annunciò la nascita di Gesù, oggi gestita dall’ordine francescano. A poca distanza dalla Basilica si trovano la fonte del pozzo di Maria e la chiesa ortodossa dell’annunciazione. Questa città è anche un importante centro religioso per i musulmani: infatti vi sorgono numerose moschee, risalenti al periodo della dominazione ottomana, come la famosa moschea Bianca che, oltre ad essere un importante luogo di culto, è anche un museo che conserva importanti reperti che permettono di ricostruire la storia più antica di Nazareth. Per noi la basilica dell’Annunciazione è stata un’altra esperienza spirituale unica e intensa, anche qui l’energia era davvero forte, soprattutto a livello di Anahata. Si poteva vivere uno stato di amore molto intenso, di abbandono totale, di quell’energia femminile dolce e materna che avvolge il cuore e da un grande bacio all’anima. Siamo rimasti al suo interno per molto tempo a pregare e meditare, a restare in silenzio e a piangere per la bellezza dell’anima che “esulta e magnifica il Signore”. Era come se la presenza di una Madonna ancora giovane, impaurita ma completamente devota fosse lì, ad accarezzarci e a sussurrarci di non avere paura, perché abbandonarsi completamente a Dio mette il cuore in pace e ci allontana da ogni tipo di timore. Usciti da lì continuiamo a camminare per la città vecchia per incamminarci poi alla fermata dell’autobus che ci riportava a Tiberiade, e anche qui non poteva mancare una sosta culinaria in una pasticceria davvero ottima gestita da persone davvero gentili e accoglienti. Torniamo quindi a Tiberiade dove ci aspettava il nostro primo bagno nel Mar di Galilea, o anche detto Lago di Tiberiade, dove Gesù camminò sulle acque e che fa da confine naturale con la Giordania visibile proprio dalla sponda opposta del lago. Purtroppo questo mare era abbastanza affollato e caotico, decisamente molto turistico e per niente spirituale, fa strano pensare appunto che fosse lo stesso luogo dove Gesù predicava e compiva miracoli, ma in generale quello che era abbastanza chiaro è che il processo di colonizzazione e occidentalizzazione, avesse portato più una dimensione consumistica della vita rispetto a come era vissuta in precedenza.

Giovedì 17 – Il monte delle Beatitudini: A Tiberiade era un’altra caldissima giornata di agosto. Dopo colazione, ci siamo avviati verso una fermata dell’autobus in cima al paese, dove siamo arrivati letteralmente prosciugati dalla sudata che avevamo fatto. Ci fermiamo in un negozio a ricaricare le tessere del pullman e ne approfittiamo per rinfrescarci un po’ con l’aria condizionata. Dopo aver preso l’autobus, ci ha condotti in una zona molto desertica e siamo scesi in una calda fermata ad un incrocio. Imboccando la strada dell’incrocio ci siamo incamminati fino a sopraggiungere in una sorta di oasi, con alberi, piante verdi, ed altri segni di civiltà, nel cuore della quale si trovava proprio il luogo in cui Gesù aveva fatto il discorso della montagna, ovvero quello in cui parlava delle beatitudini. Si trovava al centro del giardino una chiesa particolare, con fondamenta circolari, e una struttura che all’apice trionfava in una cupola meravigliosa, tutta in tessere di mosaico d’oro e blu al centro. Appena sotto la cupola c’erano otto vetrate sulle quali in latino erano scritte le beatitudini. Era presente al centro, sul pavimento, l’altare e tutt’attorno un corridoio circolare e delle panchine, e, chi camminando, chi seduto, siamo rimasti a lungo a pregare in quel luogo. Ad un certo punto una suora ci è venuta a dire, con un modo un po’ perentorio, che le ragazze avrebbero dovuto tenersi le gambe più coperte, essendo quello un luogo sacro… poco dopo la stessa suora tornò a chiedere scusa se nei suoi modi fosse arrivata scortese e che in realtà era molto contenta di vedere un gruppo di fedeli rimanere a pregare, siccome la maggior parte delle persone entrava, faceva una foto ed usciva, senza minimamente rimanere in ascolto e in contemplazione di quello che quel luogo potesse significare e di ciò che si poteva percepire al di là dei muri di pietra e delle vetrate, per cui per questo era veramente molto contenta. Dopo aver lasciato quella piccola chiesa siamo andati e rinfrescarci un po’ in un bar, abbiamo fatto scorta di acqua e di zuccheri, e ci siamo incamminati di nuovo nel cuore del caldo infernale. Imboccata la strada dalla quale eravamo arrivati il Maestro decise di prendere una scorciatoia e di tagliare per i campi, risparmiando in effetti molto tempo. Siamo scesi così verso valle attraversando campi di piante erbacee rinsecchite e talvolta spinose, in uno scenario arido e molto affascinante, ricongiungendoci poi con la strada principale. Di nuovo bisognosi di abbeverarci raggiungiamo un altro luogo importante, ovvero dove avvenne la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Dapprima ci fermiamo ovviamente in un bar e rinfrescati ci dirigiamo verso la chiesa eretta nel luogo del miracolo di Gesù. Anche lì rimaniamo a lungo in preghiera all’interno della chiesa, un luogo completamente spoglio dove non c’era anima viva, e dove l’unico movimento era prodotto da alcuni ventilatori accesi. In quel luogo si sentiva il campo spirituale, ma, abituati tra l’altro ai luoghi di Gerusalemme, l’intensità era molto più lieve… sicuramente anche per il fatto, come diceva la suora sul monte delle beatitudini, che i fedeli ci andassero poco e solo come turisti di passaggio, con poche celebrazioni e attitudine devozionale. Usciti dalla chiesa ci siamo fermati in un negozio dove erano presenti molti oggetti sacri, alcuni dei quali molto belli, e sotto lo stimolo del Maestro ci siamo comprati tutti una bellissima maglia nera con i pani e i pesci. Proseguendo il nostro cammino, abbiamo raggiunto successivamente una chiesetta veramente splendida dedicata a San Pietro, costruita proprio sul lago, in mezzo ad un giardino di alberi enormi. Successivamente, accaldati come non mai, approfittiamo del fatto che stessimo camminando lungo il mar di Galilea per andare a farci un bagno… scendiamo quindi verso una spiaggia dove, per nostra piacevolissima sorpresa, c’era anche una piccola cascata dalla quale usciva, con un getto fortissimo, dell’acqua veramente fredda, che fu davvero una goduria unica. Dopo aver fatto un lungo bagno e aver goduto dell’acqua della cascata ci riavviamo un’altra volta proseguendo per la strada, la quale poco dopo costeggiava una meravigliosa coltivazione di alberi di mango… Sognanti di poter assaggiare quei deliziosi frutti, che tra l’altro erano anche maturi, alcuni vira si presero l’onere di compiere il furto addentrandosi nel campo ed uscendo poco dopo vittoriosi e pieni di frutta. Ci siamo gustati quei frutti veramente senza contegno, con tanto di sbrodolamenti e facce gialle di succo. Per l’ultima volta ci siamo incamminati per raggiungere la casa di Simon Pietro dove Gesù aveva vissuto per un lungo periodo, ma era tutto già chiuso. Così, già saturi di esperienze vissute per quella giornata, abbiamo ripreso il pullman e siamo ritornati verso Tiberiade.

Venerdì 18 – Cafarnao: Decidiamo di tornare a visitare Cafarnao, uno dei posti più iconici della Galilea, città in cui ha vissuto e predicato Gesù per diverso tempo e in cui si trova la celebre casa di Pietro. Una volta entrati e aver fatto un giretto, come prima cosa facciamo una piccola visita della moderna chiesa circolare costruita sopra i ruderi delle case di Pietro e dei pescatori e poi ci sistemiamo tutti intorno a un bellissimo albero vista mare. Quello è stato proprio un bel momento, Mary leggeva dalla guida le vicende antiche di quel posto e della predicazione, e noi ci riposavamo e rinfrescavamo all’ombra della chioma che ci proteggeva dal sole a picco di Galilea. Dopo un po’ di tempo, e uno spuntino, siamo però già in ripartenza da Cafarnao, anche perché la città è ormai molto turistica e ha perso un po della sua originaria atmosfera spirituale. Così ci rincamminiamo a piedi lungo la costa, dove sappiamo che rincontreremo la sopraffina piantagione di manghi per farci una nuova scorpacciata. Nel frattempo però rimaniamo colpiti da un nuovo posto incontrato per caso. Procedendo lungo la strada, arriviamo infatti alla Chiesa Ortodossa dei Dodici Apostoli. È piena di pellegrini e di fedeli e si sente molto la differenza con Cafarnao, perché qui c’è un forte campo Spirituale vivo e nutrito ancora adesso. La chiesa è i suoi cortili sono splendidi, dentro sono presenti affreschi enormi e delle bellissime icone della Madonna che colpiscono tanto lo sguardo. Lì abbiamo anche la fortuna di mischiarci a un gruppo di pellegrini in visita, forse russi, che iniziano ad intonare dei canti devozionali dolcissimi e intensi. È proprio un momento da ricordare… questo luogo ci accoglie per un po’ di tempo, molti di noi comprano delle bellissime croci d’argento nel negozietto adiacente, e poi piano piano ce ne torniamo verso l’autobus che con un lungo giro panoramico ci riporta a destinazione, a Tiberiade. Ovviamente non senza uno scherzo del Maestro che fa finta di scendere prima della fermata prevista!!

Sabato 19 – Au revoir, Israele: Purtroppo la vacanza è giunta a conclusione ed essendo Shabbath anche questa volta (come all’arrivo) non era possibile prendere mezzi pubblici per poter arrivare in aeroporto, e quindi una delle signore che gestiva il dormitorio ci organizza un piccolo pulmino privato a un prezzo davvero modico per tornare a Tel-Aviv. Per alcuni di noi la tristezza era davvero tangibile, quel viaggio era proprio volato, lo splendore di Gerusalemme e di buona parte della gente che la abitava ci aveva rubato il cuore e pensare di doverla lasciare dopo così poco tempo era davvero triste. Arriviamo all’aeroporto veramente molto in anticipo (per la gioia di Mary e Davide che hanno sempre l’ansia di arrivare in ritardo), perché ci avevano detto che avremmo trovato molto traffico, ma così non fu e quindi ci mettemmo davvero un attimo ad arrivare. Entrati, facciamo tutte le procedure del caso per arrivare al gate, rilassarci, mangiare e prendere l’aereo. Qui però siamo accolti da un controllo inaspettato, vengono presi alcuni di noi e interrogati in modo incrociato per capire se durante il nostro soggiorno, qualcuno ci avesse dato cose da riportare in Italia, ci avesse lasciato dei messaggi o detto qualcosa, insomma tutte domande particolari di controllo prima di lasciarci andare liberi verso il gate. Arrivati lì ci siamo un po’ “accampati” in uno spazio libero con la moquette, per mangiare e riposare, chi guardava film dal proprio smartphone, chi leggeva…insomma l’aria della conclusione era tangibile ma nella stanchezza eravamo tutti consapevoli di avere fatto una nuova grandissima esperienza che sia a livello animico che personale aveva contribuito a farci crescere. Inoltre anche il gruppo, essendo partito con delle difficoltà e sofferenze personali molto forti di alcuni di noi, si era armonizzato molto, come “ripulito” e rilassato, e tra noi sembra fosse esserci davvero un’atmosfera famigliare e piena di affetto sincero. Il volo arriva, Mary come al solito nel panico, Immacolata con il suo instancabile entusiasmo, Anita un po’ stanca, Davide con i suoi soliti scherzi, Paolo con un sorriso soddisfatto… ognuno di noi si imbarca portando sul proprio volto le emozioni di 15 giorni davvero indimenticabili che resteranno indelebili nei propri ricordi.

 

 

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