Mary

Non è poi così difficile per me dire quanto la mia vita sia cambiata dopo aver incontrato il mio amato Maestro. Come dico sempre, l’espressione che mi viene immediatamente dal cuore appena penso a lui è che mi ha ridato la vita. Ricordo la prima volta che in lacrime glielo dissi, dopo poco più di un anno che frequentavo la scuola, lì per lì gli sembrò un po’ esagerato, in realtà per me non c’è altra espressione più vera se non questa.

A quel tempo ancora non mi rendevo conto di cosa volesse dire far parte di una comunità spirituale, in particolare la nostra, ed entrare in contatto in modo più profondo con una figura spirituale come il Maestro. Tuttavia già sentivo dentro di me, che quella coltre di dolore che mi aveva sempre accompagnato, stava cominciando a mostrare dei fori dai quali piano piano entrava qualche spiraglio di luce. E dopo anni passati a rincorrere un principio di bene, già quella sensazione a me appariva come il paradiso, come una rinascita di cui non mi sono mai arresa di cercare. Il mio incontro con la nostra scuola non è stato affatto casuale, come niente lo è. Ma ripercorrendo alcune tappe della mia vita in cui mi avvicinavo maggiormente alla spiritualità, rivedo chiaramente come i miei piccoli e titubanti passi ruotassero comunque intorno alla figura del Maestro, anche se ancora non ne sapevo l’esistenza. E quando tornai a San Benedetto, dopo molti anni dal mio primo approccio con una scuola yoga, sentivo sempre un richiamo verso questa realtà, verso una spiritualità profonda e nello stesso tempo leggera, libera dai pesanti vincoli religiosi che mi sono sempre sembrati poco adatti alla mia natura, e in genere abbastanza assurdi per certi versi.

Da che ho memoria, dei miei pochi ricordi di infanzia, quello che sento è che interiormente il mio cuore era sempre accompagnato da una sensazione di dolore, a tratti molto molto forte, inspiegabile. Ricordo che già da bambina, quel dolore arrivava così intenso dentro di me che pregavo Dio di farmi morire per smettere di sentirlo, perché non ne potevo più. Nonostante abbia avuto la fortuna di avere un’infanzia abbastanza felice, nel senso di non aver subito chissà quali traumi, e aver potuto vivere delle esperienze molto molto belle, come i lunghi mesi passati nella casa in montagna, anche allora se ripenso alla bellezza di quei ricordi, arriva subito il dolore di sottofondo che accompagnava le mie giornate. Crescendo quel dolore si è trasformato, è diventato più complesso… da brava adolescente volevo capirlo, volevo sapere da cosa derivasse, volevo capire perché ero in vita e che senso avesse ogni cosa che stessi facendo… perché tutto mi arrivava abbastanza vuoto. Da qui il dolore si è trasformato in profondo non senso, in una ricerca costante di qualcosa che mi sfuggiva, di un senso di gioia che nonostante provassi a cercarla ovunque non arrivava mai. Era tutto così effimero, un attimo di emozione positiva e subito dopo il ritorno al nonsenso, alla noia, all’apatia.

In quel periodo poi mi allontanai di netto dalla chiesa, ero cresciuta in oratorio, tra campi scuola e preghiere e devo dire che mi sono sempre piaciuti anche se non arrivavano mai in profondità. Allora quella rabbia che piano piano era cresciuta dentro di me, per il troppo dolore, per la mancanza di un amore che avrei voluto ricevere, per l’educazione molto rigorosa ricevuta; la rivolsi tutta a Dio: Dio tu non esisti, perché sennò non mi lasceresti soffrire così. Di questo ne feci il mio cavallo di battaglia: Dio non esiste, il peccato non esiste, io sono artefice del mio destino, nessuno più mi punirà se non agisco in bene. Da oggi faccio quello che mi pare. Arrivai quindi a una conseguenza abbastanza ovvia. A causa della mia indole abbastanza distruttiva diedi sfogo al mio profondo rancore verso Dio e verso mia madre che mi costringeva ad amarlo come lei voleva, facendo tutto quello che potesse farmi male, e che allo stesso tempo potesse mettere a tacere la mia mente che mi tartassava ogni giorno. Ogni giorno sentivo una voce che cresceva sempre di più dentro di me, e che non capivo, non sapevo da dove venisse, so soltanto che voleva mettermi contro tutti perché tutti erano contro di me. E più ascoltavo quella voce, forzandomi di agire come lei voleva, più sentivo che dentro un’altra parte di me, più profonda, qualcosa soffriva e piano piano andava spegnendosi.

Sinceramente… non volevo… non volevo farla soffrire così, non volevo davvero metterla così a tacere, io volevo solo amare e essere amata, ma ormai avevo intrapreso un ruolo e orgogliosa come ero non potevo più tornare indietro, o per lo meno così mi imponevo di pensare. Inoltre avevo troppa paura di soffrire. Da allora pensando che avrei sofferto meno, mi imposi di fare quello che la testa mi diceva, che sostanzialmente si basava su un forte senso di separazione tra me e il resto del mondo. Su un’immagine di me forte, indistruttibile che trattiene il dolore e le lacrime e non si lascia prevaricare da nessuno. Mamma mia… solo a riscrivere queste cose già sento un profondo malessere e tutto sembra così lontano… Andai avanti così per anni e anni, e più crescevo e facevo esperienze dolorose più inasprivo la mia separazione e il pensiero: “Nessuno mi ama? Beh allora non vi amo neanche io”. Mi riusciva veramente difficile non amare e non dimostrare l’amore, e ogni volta che poi ne soffrivo era motivo per me di dirmi: “Vedi? Hai sbagliato, se non avessi amato tutto questo non sarebbe successo”. A volte mi sembrava di impazzire… oscillavo tra quello che sentivo e quello che dovevo fare. Una continua lotta tra l’essere forte e disprezzare tutto il resto, e il volermi lasciare andare, sentirmi leggera e sostanzialmente riuscire ad essere veramente felice.

Sì in generale se dovessi pensare alla mia vita prima del Maestro direi che è stata una continua lotta abbastanza pesante tra opposti a cui ho lasciato vincere più spesso la parte negativa, perché di base ero solo molto arrabbiata e fragile… non ne potevo più. Sono stati anni in cui ho cercato non senza sofferenze, di capire chi fossi, di cercare di darmi un’inquadrata, una definizione. Avevo e ho bisogno di definirmi in qualche modo per capire la direzione da prendere… e cercavo di arrivare a tutto questo completamente da sola e ascoltando solo la testa perché secondo me il cervello è perfetto non sbaglia mai… il cuore invece è emotivo… non è reale. Barcamenandomi di qua di là tra periodi più o meno positivi ad altri dolorosi e insoddisfacenti, finalmente Dio mi ha messo nella mani la decisione di tornare ad iscrivermi a un corso di Yoga. La motivazione principale che diedi a mio marito (ovviamente sentivo la necessità di giustificare una scelta del genere per paura del giudizio) fu: “Non ce la faccio più di stare così, le ho provate tutte ma sto sempre male, non ho niente da perdere, male che vada non servirà a nulla”.

Cercai su Internet e vidi che ce n’erano diverse scuole, e cominciai a guardare i siti per capire quale fosse meglio, e quando lessi: “Non c’è nulla di nobile nell’essere superiore a qualcun altro… la vera nobiltà consiste nell’essere superiore al te stesso precedente”, dissi subito: ecco è lei… voglio andare qui, è esattamente quello che cerco. Iniziò così il mio incontro con il Maestro e il gruppo di persone che c’erano allora. E con me iniziò anche mio marito che partì subito entusiasta, forse anche più di me. Io ero sempre sulle mie, non volevo che qualcuno scalfisse la mia armatura che mi ero costruita a forza di lacrime e autolesionismo. Quindi facevo la mia lezione e poi sparivo, e quando sentivo qualcuno parlare di aspetti spirituali profondi, di percezioni o di vissuti particolari pensavo: “Oh mamma sono capitata di nuovo in un gruppo di invasati… in realtà dentro sentivo l’esatto opposto, ero contenta di trovare un contesto in cui poter parlare di queste cose senza essere giudicato, o etichettato come scema”. Però la miglior difesa è l’attacco, e quindi per sentirmi al sicuro preferivo continuare a pensare l’esatto opposto di quello che sentivo.

Non passò però molto tempo che durante una meditazione, dopo la lezione, provai qualcosa di indescrivibile e nello stesso terrificante… pensai: ecco sto morendo, il cuore è impazzito e io tra poco muoio. Mi sentii svenire, il corpo era svanito, sentivo solo il cuore che batteva così forte che mi rimbombava in tutto il corpo, e al centro del petto un vortice di fuoco che mi impediva di respirare. Mi sdraiai… avevo paura… la musica andava e io non capivo, ero come dentro una bolla luminosa e bollente e il cuore secondo me si stava preparando giusto giusto ad un infarto. Restai stesa, mi vergognavo, volevo sparire… ma non potevo alzarmi. Il Maestro, dolcemente mi disse: “Stai stesa Mary, non ti preoccupare”. L’energia amorevole e rassicurante con cui mi arrivarono quelle parole mi fece scoppiare in un pianto inarrestabile… e in quel momento la solita voce che mi portava via dal mondo non c’era… piangevo e piangevo. Basta. E rimasi di stucco quando il Maestro mi disse: “In questo momento Mary sei bellissima”. Come può essere bellissima una persona debole che piange così… non capivo nulla di quello che mi stava succedendo. Ma i giorni a seguire ero completamente frastornata… mi sentii come in estasi… avvertii un primo cambiamento… cominciai ad amare i colori… vedevo i colori e piangevo di gioia, un accenno di quella gioia che avevo sempre cercato fin da bambina. Non potevo credere che potesse essere possibile, la voce martellante della testa sembrava più debole, io ero solo estasiata da tutto quello che vedevo, e sorridevo e mi sentivo così dolce dentro e a volte quando guardavo le cose, come il mare o le montagne mi sentivo come se ci entrassi dentro, senza separazione e non avevo assolutamente idea di cosa fosse… sentivo solo che per la prima volta nella mia vita, non provavo più non senso… Chiaramente non durò molto, ma ormai un varco era stato aperto, e nonostante continuassi comunque con la mia vita, senza mescolarla troppo a quella della scuola, cominciavo a vivere all’esterno con un cuore leggermente più aperto, mi sembrava come se le giornate da scure, fossero diventate un po’ più luminose, più colorate.

Poi arrivò Pasqua, il Maestro invitò chi voleva a partecipare alle attività della scuola. Decisi di partecipare, senza sapere a cosa andassi incontro. Lì c’erano già i ragazzi di Roma, che stavano insieme dalla notte prima, e lì appresi che avevano fatto la veglia in preghiera e che per tutto il giorno saremmo stati a digiuno… volevo scappare… non tanto per il digiuno, quanto per la veglia in preghiera. Ecco la mia testa: “Oddio sono degli invasati… scappa, tu ormai ne sei fuori, non vorrai mica tornare indietro”. Il mio cuore invece era tornato a bruciare. Durante la giornata cominciai a pregare con il gruppo, con profonda fatica… la testa non voleva… mi dovevo proprio forzare per non ascoltarla da quanto urlava, e alla fine dopo preghiere e letture cominciai di nuovo a piangere… a tremare… e il cuore sembrava scoppiare. Mi sentivo debole, e il corpo era completamente in fiamme, era come se avessi la febbre a 40… pensai fosse la fame… ma in quel momento mi importò poco… mi sentivo completamente innamorata di Dio. Quel giorno il Maestro parlò del peccato, e del modo in cui la chiesa traumatizza e allontana le persone dalla spiritualità a causa di questo atavico senso di colpa, mi ritrovai appieno in quella categoria di persone. E poi disse: “Ragazzi l’unico vero peccato è aver dimenticato Dio”. In quel momento quella frase entrò così profondamente dentro di me che sembrava avermela detta Dio in persona.

Quello fu il giorno decisivo per me, la chiave di volta, accettai l’idea di amare Dio, di averlo sempre amato, e di aver cercato sempre altrove la gioia, quando era sempre stata lì a portata di mano, nello stesso Dio che mi cullava sul letto quando da piccola piangevo e iniziavo a pregare. Nei giorni successivi mi venivano dei flash nella mente molto nitidi, di momenti passati, in cui ero davvero piccola e in cui anche se per poco riuscivo a provare quella gioia piena di cui ero sempre stata alla ricerca. E quei momenti erano sempre legati ad episodi in cui pregavo in modo profondo ed innocente Dio e la Madonna, o quando stando quasi sempre sola, mi facevo delle lunghe chiacchierate con lui o con il mio Angelo custode… Ma come avevo fatto a dimenticare una cosa simile. Questo è stato il primo regalo del mio dolcissimo Maestro: avermi ricordato di quanto amassi Dio. Avevo ripreso a pregare, ma con un sapore nuovo, quello dell’amore e della libertà di farlo per la gioia di sentire Dio dentro di sé… era bellissimo. Il secondo regalo del Maestro è stata la Preghiera del cuore. Ogni momento della giornata, sia a lavoro che in casa, ripetevo di continuo questa preghiera, e subito una gioia profonda nasceva dal cuore, vivevo un senso di presenza nelle cose che non avevo mai sperimentato, la voce della mente sembrava come non esistere più, a me interessava solo pregare e sentire Dio dentro di me… solo in quel modo provavo quella gioia e tutto aveva un senso. Continuai così per mesi e piano piano cominciai ad avvicinarmi di più al gruppo spirituale, ogni volta che sapevo che dovevamo vederci ero felice come una bimba a Natale. E piano piano sentivo anche che più vedevo il Maestro più avevo voglia di vederlo. Cominciavo a nutrire per lui una profonda gratitudine e un vero affetto.

Ma ancora ero molto lontana da quello che è un vero lavoro su se stessi, però in quel periodo mi facevo bastare la luce che cominciavo a vedere sul mio volto, che per me era già oro colato. Solo in seguito, con il continuare a frequentare i corsi cominciai a prendere più seriamente il lavoro spirituale, avevo capito che fare Yoga non era più per me solo un modo per stare meglio, ma per poter evolvere liberandomi dalle catene della mia mente. Un giorno ero in macchina, e un pensiero profondo che veniva dal cuore mi folgorò: affidati a Roberto, fa che lui sia il tuo Maestro. Rimasi per ore a capire da dove nascesse quel pensiero, e mi convinsi di non dargli retta, tanto era solo un pensiero… figurati. Ma era inutile, ormai erano diventate difficili negare a me stessa le cose che venivano dal cuore, a un certo punto di nuovo il cuore tornò a infiammarsi… mi si gonfiarono gli occhi di lacrime e sentii un amore particolare e intenso, presi il telefono e con molta vergogna gli scrissi che lo amavo e che volevo affidarmi a lui, dicendogli: “Se c’è bisogno di abbandonarsi, lo farò, l’importante per me è evolvere e vivere Dio”.

Non passò molto tempo che le prime dure prove arrivarono, belle e sonore, e io provavo un misto di gratitudine e vergogna perché il più delle volte il Maestro mi richiamava davanti agli altri, e la cosa mi infastidiva parecchio, ma era quello che avevo chiesto e mi misi completamente a disposizione dei suoi insegnamenti. Cominciai quindi a conoscere e capire il concetto di ego. Questa parola per me aveva sempre significata io, pensavo che fosse solo il modo di esprimere la propria personalità. Ma quando il Maestro ci fece comprendere in modo profondo il carattere illusorio dell’ego allora ci fu come una rivoluzione dentro di me e cominciai a capire che le voci della mia testa erano ego… e che io mi ero lasciata imbambolare e manipolare per anni da qualcosa di crudele, e di fatto irreale, credendo invece che fossi io. a causa di questi pensieri ho sempre creduto di essere una persona cattiva, e questo mi portava altra sofferenza. Una volta capita una cosa simile, diventa come un continuo atto di forza in cui l’ego ti convince di fare e pensare cose, e tu resti impassibile, non lo fai, semplicemente non lo segui, perché non sei tu. Cerchi di restare impassibile, e lui urla così forte che a volte ti sfinisce anche fisicamente, e quando proprio è lì pronto a farti cadere, l’atto di forza diventa abbandono, ti abbandoni al Maestro confidandogli tutto, perché uno degli insegnamenti è che l’ego ha paura del Maestro, perché sa che l’amore e la devozione verso lui e Dio, possono annientarlo. E ogni volta che l’ego urla, e ti trova irremovibile e salda nel tuo rapporto allievo-Maestro, perde potere e tu acquisti più forza interiore e più fede.

Un altro aspetto su cui il Maestro ha poi cominciato a farmi riflettere e lavorare è stato l’equilibrio e la stabilità, perché senza di questi non posso raggiungere quella completezza che potrà poi aiutarmi a raggiungere Dio. Non è stato facile, ma il Maestro mi ha insegnato prima di tutto a parlare più lentamente, a muovermi con più presenza, a restare in osservazione, in questo modo la mia energia agitata viene controllata e questo è un aiuto per le mie oscillazioni emotive. Posso dire che nonostante sia ancora una persona molto emotiva, rispetto al passato riesco a mettere molto più distacco quando mi partono interiormente le reazioni forti. Un tempo andavo a ruota libera: partiva la rabbia… partiva l’esaltazione… non mi tenevo… facevo danno. Questa cosa contribuiva ad esacerbare il mio malessere… mi sentivo come una bandiera che sventolava al vento senza alcuna densità. Oggi, anche se non sempre, le reazioni hanno una minore intensità, quando partono le osservo come un film, cerco di entrarci dentro in modo distaccato e mi arrivano veramente solo come pura emozione, senza alcun fondamento o contenuto reale. Poi alcune volte tutta questa energia emotiva riesco a sublimarla a livello del cuore, e li si trasmuta in amore, dolcezza e compassione verso me stessa e verso gli altri.

Un altro passaggio fondamentale è stato lavorare sulla mia femminilità, per vari motivi è un aspetto che ho sempre represso e rinnegato. Ma anche qui il Maestro con estrema pazienza mi ha aiutato gradualmente a prendere coscienza del mio aspetto femminile e a cercare di accettarlo e viverlo. Ad oggi porto ancora avanti con fatica questo discorso, perché subentrano tanti condizionamenti materni, e un senso di vergogna profondo a cui, in periodi particolari, faccio molta più fatica ad abbondarmi. Ma primo fra tutto ho capito che ne ho paura, ho semplicemente paura di essere donna perché per me equivale ad essere debole. Gradualmente invece sto scoprendo cosa sia veramente l’energia femminile, ne sto comprendendo la bellezza e la potenza e nonostante ancora abbia molti timori, ammetto che mi piace proprio tanto. Di qui c’è anche il discorso dell’amore verso me stessa, altro blocco grande che il Maestro mi sta aiutando a sciogliere. È una cosa non ancora cristallizzata, ma rispetto al passato in cui disprezzavo me e il mio corpo, oggi la tendenza ad odiarmi e quasi del tutto sparita, a volte mi guardo e provo tanto tanto amore e tenerezza che scoppio a piangere di fronte allo specchio. E in quel momento quell’amore si mescola all’amore per Dio e per il mio amato Maestro.

Durante l’ultimo nostro viaggio estivo, sono stata in macchina con il Maestro, e grazie a questo, gradualmente ho cercato di aprirmi sempre di più e di mostrarmi a lui nella mia più completa fragilità, disarmata, non che lui non la conoscesse già. Gli ho confidato tante cose, tante paure e soprattutto la vergogna che provo verso una parte di me, quella più profonda, animica. Finalmente abbiamo discusso sul fatto che nonostante io non veda altra vita oltre quella spirituale, una parte di me ancora mi giudica come una povera scema che crede a queste cose. E questo genera dei blocchi molto forti nel parlare delle cose che vivo in profondità, delle energie che percepisco, del modo in cui vivo l’interiorità di chi mi sta accanto, di tutti gli aspetti più importanti ed interiori che in un certo senso se vissuti apertamente mi aiutano a vivere con maggiore armonia, amore e leggerezza. A questo proposito il Maestro mi ha risposto: “Da me non riceverai mai nessun giudizio”. E lì ho sentito di aver sgretolato un altro pezzo di roccia che appesantisce la mia anima, e sento di poter vivere con libertà la mia interiorità senza vergogna.

Su questo aspetto è fondamentale sto provando a vivere seguendo il sentire, e non il pensiero. La razionalità così sopravvalutata dalla società di oggi e dalla mia famiglia, mi aveva inglobato in un meccanismo di freddezza che azzerava il sapore di ogni cosa. Mentre ora seguendo il sentire, sto facendo scelte razionalmente inconcepibili dalla maggior parte delle persone, ma che mi stanno ridando la vita, la gioia e mi connettono sempre di più con me stessa, la vera me stessa, quella che risiede nell’anima e con il tutto. Mi sento come se qualcuno mi avesse dato una seconda possibilità, in cui non sono più sola. In cui ho la fortuna di avere una figura di riferimento che mi insegna a lasciarmi andare al vissuto in quanto tale, con amore e purezza. Sto imparando a vivere senza condizionamenti, seguendo il cuore, lasciandomi andare all’amore, senza aver paura di soffrire (anche se spesso è dura) con leggerezza e seguendo sempre tutto ciò che è pulito e luminoso. Vivere il quotidiano vedendo in ogni cosa Dio. Credo che non possa esistere dono e amore più grandi.

Con la sua pazienza verso tutti noi e nostri errori, il Maestro mi sta insegnando cosa sia il perdono, mi sta insegnando che non bisogna essere perfetti per essere amati, e che a seguito di ogni sbaglio, deve esserci una presa di coscienza e responsabilità e non deve esserci una punizione. In questo modo mi sta insegnando l’indulgenza verso il prossimo ma soprattutto verso me stessa. Sono processi che richiedono anni, perché sono molto radicati in me, ma è come se ogni giorno qualcosa si scalfisse, piano piano si perde una piccola briciola e si va avanti con una consapevolezza maggiore. Sicuramente avrò dimenticato qualcosa, perché davvero la mia vita è stata stravolta da questo incontro e ora non potrei mai vedermi diversamente da così, nella nostra scuola, nel nostro bellissimo gruppo, tra gioie e sofferenze, tra incomprensioni e gentilezze, tra sforzo e dolcezza. Sarebbero veramente tante e tante le cose da scrivere e da ricordare, e in questo momento mentre scrivo le vivo tutte nel mio cuore, e sono grata che Dio mi abbia dato la possibilità di tutto questo. E sono grata al mio amatissimo Maestro, che nonostante tutto ha sempre la forza di ricominciare e di supportarci.

Mary Sundari

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