La meditazione (dal latino meditatio, riflessione) è, in generale, la pratica di concentrazione della mente su uno o più oggetti, immagini, pensieri (o talvolta su nessun oggetto) a scopo religioso, spirituale, filosofico o semplicemente di miglioramento delle proprie condizioni psicofisiche. Tale pratica, in forme differenti, è riconosciuta da molti secoli come parte integrante di tutte le principali tradizioni religiose. Nelle Upaniṣad, scritture sacre induiste compilate approssimativamente a partire dal VII secolo, è presente il primo riferimento esplicito alla meditazione che sia giunto fino a noi, indicata con il termine sanscrito dhyāna.
Nell’ambito della psicosintesi è definita uno stato della coscienza che può essere ottenuto mediante l’indirizzamento volontario della nostra attenzione verso un determinato oggetto (meditazione riflessiva) o mediante la completa assenza di pensieri (meditazione recettiva). La meditazione recettiva ha come scopo l’assenza di pensieri e permette alla mente di raggiungere un livello di “consapevolezza senza pensieri”. È un tipo di meditazione tipica di numerose filosofie e religioni orientali. Nella meditazione riflessiva l’oggetto della meditazione può essere qualsiasi cosa. In genere nella pratica vengono utilizzate visualizzazioni di oggetti fisici oppure semplicemente oggetti che riguardano il mondo interiore come emozioni o qualità, oppure immagini o testi sacri. Questo tipo di meditazione è più vicina alla cultura occidentale.
Attraverso la dinamica del modo di operare della mente, si può riuscire a riconoscere la distinzione tra un io egocentrico, che si identifica con l’essere io (nome) e l’Io (sé) in grado di osservare l’osservatore (oggettivare il soggetto). Questo metodo comporta quattro stati di coscienza:
- vedo l’oggetto;
- mi accorgo di vedere che vedo l’oggetto;
- mi accorgo di vedere il vedere che vedo l’oggetto;
- assorbimento in uno stato che supera la dualità soggetto/oggetto al di là dell’espressione e della comunicazione convenzionale.
Nello yoga lo stato raggiunto tramite la pratica di dhyana favorisce l’esperienza della “visione” e, ad un livello superiore, dell’illuminazione, ossia della rivelazione della divinità onnipresente. Nell’ambito dello Yoga, la meditazione è il 7º degli otto stadi indicati da Patanjali e si dice che la mente è nello stato di meditazione, dhyana, non sta meditando è la meditazione stessa, e mentre ci sono molte tecniche di concentrazione, dharana, non esiste una vera e propria tecnica di meditazione. Nella pratica di Sahaja Yoga la meditazione è considerato uno stato d’essere che si manifesta come assenza di pensieri, chiamato consapevolezza senza pensieri, dove la mente smette il suo usuale chiacchierio di sottofondo e diventa assolutamente tranquilla. Questo stato di “pura consapevolezza senza oggetto” può essere raggiunto anche con altri generi di pratiche meditative: ad esempio la Meditazione Trascendentale si basa sulla ripetizione mentale di un mantra. In ogni caso il termine “meditazione”, com’è inteso normalmente nella lingua italiana, si rivela inadeguato a dare un’idea efficace di questo tipo di pratiche: un termine meno impreciso potrebbe essere contemplazione.
Buddhismo e meditazione Vipassana. Osho: La meditazione è semplice. Proprio perché è semplice, sembra difficile. La tua mente è abituata ad avere a che fare con problemi difficili, e ha completamente dimenticato come rispondere alle cose semplici della vita. Più una cosa è semplice, più sembra difficile alla mente, perché la mente è molto efficiente nel risolvere cose difficili. E’ stata addestrata a risolvere cose difficili, non sa come affrontare quelle facili. La meditazione è semplice, la tua mente è complicata. Non è un problema creato dalla meditazione. Il problema deriva dalla tua mente, non dalla meditazione. La Vipassana è la più semplice meditazione del mondo. Lascia che la respirazione sia semplice, così com’è. Devi solo introdurle una nuova qualità: la consapevolezza. Il respiro esce, osserva; il respiro entra, osserva. Diventerai consapevole: il respiro che tocca le tue narici in un certo punto, diventerai consapevole. Ti puoi concentrare lì: il respiro entra, senti il tocco del respiro sulle narici; poi esce, senti ancora il tocco. Rimani lì, sulla punta del naso. Non è che devi rimanere concentrato sulla punta del naso; devi solo rimanere attento, essere consapevole, osservare. Non è concentrazione. Non perderlo, solo continua a ricordartelo. All’inizio lo perderai in continuazione; allora ritorna lì. Se per te è difficile – per alcune persone è difficile osservarlo lì – allora puoi osservare il respiro nella pancia. Quando il respiro entra, la pancia si solleva; quando il respiro esce, la pancia si abbassa. Continui a osservare la tua pancia. La meditazione non è difficile, è semplice. Proprio perché è semplice ti sembra difficile. Ti piacerebbe fare molte cose, e non c’è niente da fare; questo è il problema. E’ un grande problema, perché ci è stato insegnato che dobbiamo fare molte cose. Chiediamo che cosa dobbiamo fare, e meditazione significa uno stato di non-fare: non devi fare niente, devi fermare ogni fare. Devi essere in uno stato di totale inazione. Anche pensare è in un certo senso fare – lascia andare soprattutto quello. Avere sensazioni è in un certo senso fare – lascia andare anche quello. Fare, pensare, avere sensazioni – se tutto viene lasciato cadere, tu semplicemente esisti. Questo è essere. Ed essere è meditazione. E’ molto semplice. Nel grembo di tua madre eri in questo spazio. In Vipassana entrerai di nuovo nello stesso spazio. E ti ricorderai, avrai un deja-vu. Quando entri in Vipassana profondo, resterai sorpreso: lo conosci, lo conoscevi già da prima. Lo riconoscerai immediatamente perché per nove mesi nel grembo di tua madre sei stato in quello stesso spazio, di non fare, solo essere. Non pensare mai alla meditazione in termini di successo. Perché questo significa portare in essa la mente conquistatrice, la mente egoista. Allora la meditazione diventa un gioco del tuo ego. Non pensare in termini di successo o fallimento. Questi termini non sono applicabili al mondo della meditazione. Dimentica tutto ciò. Questi sono termini della mente; sono comparativi. E questo è il problema: probabilmente hai osservato gli altri aver avuto successo, aver raggiunto, essere in estasi, e ti sei sentito molto giù. Ti sarai sentito stupido, seduto a guardare il tuo respiro, a osservare il tuo respiro. Ti sarai sentito molto stupido e non è successo niente. Non succede niente perché ti aspetti troppo che qualcosa succeda. E all’inizio, ogni nuovo processo sembra difficile. Uno deve abituarsi al suo sapore. Il marito di una signora era un ubriacone, e lei non aveva mai assaggiato l’alcool in tutta la sua vita: “Ehi tu, ubriacone, dammi quella bottiglia. Voglio provare la cosa che ti ha reso il buono a nulla che sei”. Afferrando la bottiglia di whiskey a buon mercato, ne prese un grande sorso. “Aargh….glompf…breecch…fuy…brrrit…ptui!” ansimò “Questo è il liquido più schifoso che abbia mai avuto la sfortuna di lasciar passare nelle mie labbra. È terribile!” “Vedi?” risponde il vecchio marito. “E in tutti questi anni hai creduto che io mi stessi divertendo”. No, neanche questo succederà presto. Sedendoti per un giorno in Vipassana, non ne uscirai sorridendo. Ne uscirai completamente stanco – stanco perché ti è stato detto di non fare niente, stanco perché non sei mai stato in una situazione così stupida prima d’ora. Non fare niente? Tu sei uno che fa! Se avessi tagliato legna tutto il giorno, non saresti stato così stanco. Ma seduto in silenzio, senza fare nulla, solo osservando il tuo stupido respiro che entra e che esce…. molte volte sorge l’idea: “Che cosa sto facendo qui?” E il tempo sembrerà molto, molto lungo, perché il tempo è relativo. Il tempo diventerà lunghissimo. Un giorno ti sembrerà come se fossero passati anni e anni – “E che cosa è successo? Oggi il sole non tramonta? Quando finirà?” Se hai fretta, se sei impaziente, non conoscerai mai il sapore della meditazione. Il sapore della meditazione ha bisogno di tanta pazienza, infinita pazienza. La meditazione è semplice, ma tu sei diventato così complicato, che rilassarti richiederà tempo. Non è la meditazione che richiede tempo – lascia che te lo ricordi ancora – è la tua mente complicata. Deve essere riportata al riposo, ad uno stato di rilassamento. Questo richiede tempo. E non pensare in termini di successo e fallimento. Divertiti! Non essere troppo orientato ad un fine. Divertiti nel puro silenzio osservando il respiro che entra e che esce, e presto avrai una bellezza, una nuova esperienza di bellezza e beatitudine. Presto vedrai che non occorre andare da nessuna parte per essere in beatitudine. Si può essere seduti in silenzio, da soli, ed essere in beatitudine. Non c’è bisogno d’altro, basta la pulsazione della vita. Se puoi pulsare con lei, diventa una profonda danza interiore. La meditazione è la danza della tua energia, e il respiro è la chiave.
Nel Cristianesimo la meditazione è una forma di preghiera interiore. Viene fatta in una chiesa o cappella, in presenza dell’Eucaristia, o in un ambiente privato, ed è strettamente legata al pensiero e alla riflessione sulla parola di Dio. Preferibilmente si fa di mattina presto, prima di ogni altra azione della giornata. Nella sua forma più generale si sviluppa attraverso diversi passi successivi: Inizia con la invocazione dello Spirito Santo perché sia luce interiore di colui che medita. Si apre alla contemplazione di una scena evangelica o dalla lettura di un brano della Bibbia o di un altro libro che possa aiutare. Approfondisce il significato dell’episodio o dell’insegnamento in questione. Lo fa attraverso il ragionamento e la ricerca di situazioni o passi biblici simili o correlati. Si sofferma su qualche parola o immagine o concetto, “ruminandolo” interiormente. Chiede a Dio la grazia di vivere il mistero che si è contemplato. Fissa l’impegno di un qualche gesto da vivere durante la giornata, per trasformare in carità quello che si è contemplato. Ringrazia il Signore per il dono della luce dell’alto. Una forma particolare di meditazione è la lectio divina, che è una lettura orante di un passo biblico.
Islam. Il concetto di meditazione è espresso in arabo dal termine tafakkur, che va distinto da dhikr, meglio tradotto come “invocazione” o “memoria”. Si può dire che il termine dhikr sia il ricordo di uno stato precedente, un modo di far riemergere qualcosa che, fortunatamente, non si è perso del tutto. Comunque i due termini sono unificati nella pratica mistica dell’islam, perché è proprio grazie al dhikr Allah, l’invocazione del nome di Dio, che si raggiunge lo stato adeguato alla meditazione. Il dhikrcome metodo spirituale di concentrazione è stato elaborato dai sufi. Questa pratica, sorta ben presto nell’Islam e già sviluppata nei secoli IX e X, prevede la ripetizione di uno dei novantanove nomi di Dio o di formule sacre sotto la direzione di un maestro spirituale. Questo maestro, chiamato in arabo shaykh o anche murshid (guida), mentre in Iran e in India è detto pir, rende il metodo praticabile per i partecipanti al rito. Dei vari tipi di shaykh, il più simile al pandit degli hindù è lo shaykh at-ta’lim, colui che conosce la dottrina. L’invocazione del nome di Dio raggiunge livelli decisamente ossessivi e può essere pericolosa per chi non sia guidato in modo corretto e deve essere accompagnata dall’osservanza di una serie di riti.
Sant Mat- Nel Surat Shabd Yoga vengono praticate parallelamente due tecniche di meditazione, una mirata alla visione della Luce Interiore e una mirata all’ascolto della Corrente Sonora (o Shabd). La prima pratica è sempre accompagnata dal Simran o ripetizione dei Nomi Divini (pratica del tutto analoga alla ripetizione di mantra nell’induismo o buddhismo o al dhikhr sufi). Viene raccomandato dal Guru di praticare perlomeno due ore al giorno di meditazione, e progressivamente aumentare.
Percorsi personali. Esistono molti percorsi personali che non sono all’interno di una religione o una filosofia e di cui la meditazione è strumento indispensabile per approfondire i lati oscuri di noi stessi. Molti si avvalgono di un maestro che permette loro di fare un cammino, un percorso che attraversa nuove realtà e che si lascia alle spalle vecchi mondi, in un procedere verso la maggiore consapevolezza di se stessi e della realtà. Un aspetto fondamentale è la riduzione della sofferenza che insieme alla maggiore consapevolezza abbisognano di un maestro. A tal fine occorrerà conquistarsi un cammino e capacità di meditazione nella relazione con la figura di riferimento. È importante che il maestro non sia solo “padre”/”madre” ma una figura che possa essere lasciata per una nuova realtà affettiva. In particolare la meditazione del Buddha Śākyamuni e di altri saggi non era ascritta a nessuna religione o filosofia, ma seguiva un cammino personale.
Ricerche scientifiche. Parecchi studi condotti fin dal 1970 su una tecnica specifica, la Meditazione Trascendentale, hanno evidenziato la sua efficacia nella diminuzione di ansia e stress e nel miglioramento della salute. In seguito furono condotte altre ricerche e meta analisi coinvolgendo altri metodi di meditazione. Nella loro analisi comparativa sugli studi scientifici sulla meditazione, pubblicato nel 2000 nell’International Journal of Psychotherapy, Perez-De-Albeniz e Holmes hanno identificato le seguenti componenti in comune con tutti i metodi meditativi:
- rilassamento
- concentrazione
- alterato stato di coscienza
- sospensione dei processi di pensiero logico e razionale
- presenza di una attitudine alla autocoscienza ed alla auto-osservazione.
Numerosissimi sono gli studi della comunità medica sugli effetti fisiologici della meditazione. Il Dr. James Austin, neuropsicologo dell’Università del Colorado, ha indicato come la meditazione Zen possa modificare le connessioni nervose del cervello nel suo libro Zen and the Brain (Austin, 1999). Questo è stato confermato mediante risonanza magnetica funzionale sull’attività del cervello. Recentemente uno studio scientifico americano pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dimostrato effetti rilevanti della meditazione secondo il metodo Integrative body-mind training (tecnica nata in Cina negli anni ’90) sul miglioramento delle condizioni di vita: la depressione si attenua, e le difese immunitarie si rinforzano. I ricercatori hanno verificato che il gruppo di studenti che avevano applicato avevano una concentrazione di cortisolo molto inferiore e una migliore risposta immunitaria rispetto al gruppo di controllo. Dai questionari è anche emerso che la meditazione aveva abbassato i livelli di rabbia, ansia, depressione e fatica. Il dottor Yi-Yuan Tang, il coordinatore della ricerca ha così dedotto che i processi mentali, la consapevolezza e l’attenzione sono aspetti della vita che possono essere esercitati, esattamente come i muscoli.
PS: esistono molte tecniche diverse di meditazione, in questo articolo ne è stato dato solo un sunto. Ogni essere utilizzerà la meditazione più adatta alle proprie caratteristiche. In fondo tutte le vie portano a Roma “L’Uno che sia immanente che trascendente”….
Maestro
estratti da: da Wikipedia, l’enciclopedia libera. e da La meditazione come via: Osho