Le persone che scelgono di intraprendere un percorso di conoscenza interiore con lo scopo di migliorarsi, avranno maggiore successo nella loro evoluzione spirituale se oltre a modificare le loro abitudini quotidiane con degli esercizi di yoga e meditazione, adotteranno anche delle norme d’igiene psico-fisica e svilupperanno una maggiore consapevolezza dell’alimentazione. Per norme d’igiene psicofisica intendiamo una serie di buone abitudini dirette alla purificazione delle nostre energie. Ricordiamoci sempre che l’efficacia della nostra pratica spirituale è direttamente proporzionale al livello di purezza interiore. In altre parole, la ricettività e l’assorbimento delle energie più elevate è maggiore se queste ultime non trovano ostacoli lungo il loro percorso nel nutrimento del nostro essere. Le norme d’igiene psico-fisica come dice il termine si dividono in quelle per il corpo e quelle per la mente. Le norme d’igiene per il corpo da adottare comprendono l’alimentazione, gli Asana (esercizi di Hatha-Yoga), il Pranayama (la respirazione,) il sonno (imparare a rilassarsi) e Brahmacharia (la continenza, imparare a non disperdere la propria energia vitale). Quelle per la mente invece comprendono il controllo dei pensieri e delle emozioni, che sintetizzando potremmo dire: “ciò consiste nel tendere sempre verso la positività, in qualunque caso”. L’approfondimento di questi argomenti si può trovare sul libro del secondo anno della nostra scuola di Yoga Alchimistica SATYASVARA nella parte “metodi efficaci per il prolungamento della vita”. Inoltre, lo stato di benessere psico-fisico fa parte di Saucha (purificazione) la prima regola dei Niyama del piano etico e morale di Patanjali.
Per quanto riguarda lo sviluppo della consapevolezza dell’alimentazione è fondamentale comprendere che tutto ciò che ci circonda è energia che si muove su vari livelli e per conoscere fino in fondo noi stessi, dobbiamo conoscere anche ciò che è al di fuori di noi, perché per analogia ciò che è esteriore si riflette nell’interiore, in uno scambio reciproco senza limiti. La prima cosa che dovremo fare sempre, indipendentemente dall’ambito in cui intendiamo sviluppare la nostra conoscenza, è discernere. Il discernimento possiamo dire che è alla base della nostra consapevolezza. Per imparare per esempio ad intagliare una tavola di legno, facciamo uno studio degli strumenti di lavoro separandoli in base alla loro utilità. Ciò vale anche per le materie intellettuali, che si dividono per argomenti a seconda del campo della loro applicazione e di ciò che vogliamo conoscere. Tutto questo è altrettanto valido per la conoscenza di noi stessi. Bisogna imparare quindi a discernere ciò che ci fa bene da ciò che ci fa male, per poter trarre il massimo beneficio dalla nostra alimentazione. Il cibo non è tutto uguale, esistono tantissime differenze, anche se dobbiamo constatare che per pigrizia ed ignoranza, abbiamo perso quasi del tutto la nostra capacità di discernere sia la qualità che il sapore dei cibi. L’industria alimentare è eccessivamente ricca di prodotti non naturali per alterare e conservare i cibi più a lungo. Di conseguenza ha livellato tutte le differenze legate ai sapori che esistono, cancellando l’aspetto più bello della natura, ovvero la diversità. Non siamo più in grado di cogliere le sfumature dei sapori, il retrogusto o il contrasto che un cibo condito sapientemente può regalarci. Tutto questo ha cancellato la diversità dall’alimentazione rendendo il cibo più noioso. E che cosa fa la mente quando si annoia? ricerca nuovi impulsi. Ma essendoci poche alternative, perché in commercio si trovano soprattutto alimenti trattati a base di zuccheri, questo porta a un circolo vizioso che crea dipendenza. Questo tipo di dieta è il modo in cui mangiano la maggior parte delle persone. Essa è un’assunzione continua di zuccheri, amidi, carboidrati (zuccheri complessi), sempre le stesse sostanze che variano solo nella loro forma. Provate a rinunciare per due settimane agli zuccheri e vi accorgerete che probabilmente il 50% della vostra alimentazione sarà costretta a subire un cambiamento molto drastico. Non solo, ma inizierete a sperimentare una strana sensazione, come di un bisogno latente, molto sottile, di qualcosa che vi manca. Avete fatto un pasto equilibrato, completo di tutti i nutrienti di cui avete bisogno secondo le vostre caratteristiche fisiche, eppure manca qualcosa, lo zucchero. Questa è la dipendenza dagli zuccheri, che riguarda solamente un bisogno mentale, solo parzialmente fisiologico. Il primo passo, per un’alimentazione corretta, è quindi uscire dalla compensazione mentale legata al cibo e interrompere questa dipendenza.
Secondo la concezione yogica collegata all’alimentazione esistono tre tipologie o qualità del cibo: la prima è definita come alimentazione tamasica (impura), ed è quella più industriale, che ha perso la sua naturalità originale attraverso additivi e conservanti, (leggete la scadenza, maggiore è la durata, minore la qualità!) oppure il cibo molto cotto o addirittura andato a male. La seconda è definita come alimentazione rajasica (illusoria,passeggera) ed è il cibo che ha subito delle trasformazioni soprattutto legate al sapore. Quindi tutti gli alimenti molto alterati nel gusto, in particolare ricchi di sale e zuccheri, che appagano la mente temporaneamente, ma dopo poco tempo ci lasciano con il vuoto nella pancia. Questa è la dieta più diffusa perché è quella più collegata ad un bisogno compensativo di mangiare e soprattutto perché è quella più accattivante e più proficua per l’industria alimentare. Ed infine l’ultima è definita l’alimentazione sattvica (pura), ed è quella più naturale, più ricca di nutrienti, che non è stata alterata nella cottura o nella conservazione, che mantiene quindi il suo sapore autentico. L’alimentazione rajasica è quella più diffusa nella dieta degli esseri umani. Perciò il secondo passo dovrebbe essere quello di provare per un periodo limitato, ad esempio una settimana, una dieta solo di alimenti crudi, per disintossicare il nostro organismo, e per prendere coscienza dei cambiamenti e degli effetti che avvengono al livello soprattutto mentale, e successivamente anche al livello energetico e di coscienza. Quando mangiamo, dovremmo tener conto che il cibo non è tutto uguale e che le sue caratteristiche influenzano concretamente il nostro modo di essere, oltre che la nostra salute.
Quando penso all’alimentazione rajasica mi viene in mente immediatamente la colazione, perché probabilmente è il pasto più difficile da natturalizzare per esperienza personale. Inoltre la maggior parte dei prodotti in commercio per la colazione contengono zuccheri raffinati e dolcificanti industriali. La spiegazione credo che dipenda in parte dalla cultura occidentale che è abituata ad iniziare la giornata con qualcosa dal sapore dolce, ma anche dal fatto che l’industria alimentare trae così maggior guadagno. Con questo non intendo dire che lo zucchero andrebbe eliminato e bandito dalla cucina, tutt’altro. Però come accennato prima, bisogna approcciare l’alimentazione da un altro punto di vista, per riscoprire i sapori e benefici sia fisici che spirituali del cibo. Lo zucchero, per esempio, è un ingrediente che può essere trovato naturalmente in moltissimi alimenti, che oltre a soddisfare il gusto e ad appagare il desiderio (giustificato) del piacere di mangiare qualcosa di dolce, ci offrono tante altre vitamine e sali minerali benefici per il nostro fisico. Non solo quindi ci aiutano a stare meglio fisicamente, ma trattandosi di alimenti che sono dolci di natura, non creano dipendenza e fanno bene allo spirito. Secondo il filosofo-mistico Mikhael Aivanhov, il quale ha fatto numerose conferenze anche in tema nutrizionistico-spirituale, il cibo non serve a nutrire soltanto il corpo fisico, ma deve nutrire anche il corpo astrale e quello causale. Per questo è fondamentale acquisire maggiore consapevolezza dal punto di vista alimentare. Per nutrire il corpo astrale, bisogna aggiungere la consapevolezza della vitalità di un alimento e delle emozioni che provoca in noi. Per questo si dice che dovremmo sempre mangiare ciò che ci appaga maggiormente, senza forzare. La vitalità di un alimento dipende dalla sua naturalità e quindi ci ricolleghiamo alle tipologie tamasiche, rajasiche e sattviche, dell’alimentazione che abbiamo descritto prima. Più un cibo è sattvico e più ci darà vitalità. Per quanto riguarda le emozioni dobbiamo veramente fare attenzione ed osservare i nostri cambiamenti interiori in relazione a ciò che mangiamo. Gli alimenti zuccherati e industriali fanno male dal punto di vista fisico è appurato, ma anche dal punto di vista astrale e causale. Quando mangiamo un cibo prevalentemente zuccherato la nostra mente subisce un forte impulso dovuto all’aumento glicemico del sangue e per via degli effetti che gli zuccheri hanno sul cervello, ma è come una droga che lascia l’individuo in uno stato peggiore di quello in cui si trovava prima e con una dipendenza in più da affrontare. Basta dire quindi che un emozione che crea dipendenza non è genuina, ed inoltre ci lega ad una cosa specifica e non sostituibile. Chi è dipendente da una cosa vuole quella cosa e basta. Che cosa c’è di più innaturale di questo? quando in natura di alimenti o cibi naturalmente dolci se ne trovano in grandissime quantità e varietà? Quindi, siccome crea dipendenza emozionale e non è vitale, non può darci grandi benefici un’alimentazione di questo tipo, sia sotto l’aspetto fisico che astrale e causale. Proviamo invece a riscoprire il gusto dolce ma naturale di alcuni cibi, come la frutta (matura e di stagione possibilmente) e magari proviamo ad imparare nuove gustose ricette.
Un aspetto molto importante da riscoprire è proprio quello del piacere di cucinare, perché la differenza e la chiave essenziale per nutrire i corpi più sottili come quello astrale, consiste nella nostra attitudine che deve essere il più possibile gioiosa e amorevole sia quando cuciniamo, sia quando mangiamo. Personalmente mi sento molto più contento quando cucino qualcosa con la giusta proporzione di ingredienti che so che mi fanno stare bene e con le giuste spezie per ottenere il sapore che a me piace, piuttosto che quando mangio un pacchetto di patatine o bevo una Fanta. Forse lì per lì posso anche essere contento, ma dopo poco sento un senso di vuoto interiore. Mentre quando facciamo dei pasti, soprattutto se condivisi e cucinati in un certo modo, sono felice per moltissimo tempo. Il corpo astrale è collegato alla vitalità e alle emozioni e per nutrirlo bene dobbiamo riscoprire il piacere del gusto. La natura, nella sua infinita bontà, ha saputo come rendere i suoi prodotti gustosi, oltre che salutari, in modo naturale. Perciò diffidiamo dei gusti poco naturali e riappropriamoci della capacità di discernimento dei sapori e della gioia del gusto. Alleniamo i nostri sensi e pensiamo quando mangiamo se un cibo ha il giusto sapore per noi e se ci sentiamo realmente nutriti, ma non dal punto di vista della mente, ma dal punto di vista della nostra coscienza. Impariamo quindi anche a distinguere i sapori più importanti che sono il sapore dolce, amaro, salato, piccante e acidulo e cerchiamo di capire qual è quello di cui abbiamo più bisogno in un determinato momento. Infine, per ritrovare il vero senso del gusto dobbiamo pensare all’amore divino mentre mangiamo e dobbiamo purificare i nostri sensi, perché la consapevolezza dell’alimentazione è direttamente proporzionale alla consapevolezza della nostra purezza interiore, soprattutto al livello del cuore. Purificandoci dalle tossicodipendenze degli alimenti come lo zucchero, le farine raffinate, le bevande eccitanti, il caffè, il fumo e la carne, eliminiamo degli ostacoli che impediscono la percezione diretta delle energie superiori. Anche la scelta vegetariana ha un ruolo importante in questo discorso. Assumiamoci quindi la responsabilità del nostro benessere, magari rinunciando aa altro. Ricordiamo sempre anche che: “non è una dieta pura, ma un cuore puro, che piace a Dio”.
Paolo