Mi viene in mente un aneddoto… Un ladro era entrato nella capanna di un mistico. Era una notte di luna piena, e il ladro era entrato nella capanna per sbaglio; infatti, quali cose preziose avrebbe potuto trovare nell’abitazione di un mistico? Il ladro si guardava intorno meravigliato, perché nella capanna non c’era niente. Poi, all’improvviso, vide venire verso di lui un uomo con in mano una candela. L’uomo gli chiese: <<Che cosa stai cercando al buio? Perché non mi hai svegliato? Stavo dormendo proprio di fianco alla porta… ti avrei mostrato tutta la casa>>. Quell’uomo aveva un aspetto semplice e innocente: come se non potesse neppure supporre che qualcuno fosse un ladro.
Di fronte alla sua semplicità, alla sua innocenza, il ladro esclamò: <<Forse non sa che sono un ladro>>. Il mistico rispose: <<Non importa: in questo mondo ciascuno deve avere il proprio ruolo. Il problema è che abito qui da trent’anni e in questa casa non ho mai trovato niente: proviamo a cercare insieme! Se troveremo qualcosa, faremo a metà. In questa casa non ho mai trovato niente… è semplicemente vuota>>. Il ladro era un po’ spaventato: quell’uomo era strano! Era pazzo oppure… chissà che tipo d’uomo poteva mai essere? Voleva fuggire, anche perché aveva lasciato fuori dalla capanna altri oggetti, che aveva sottratto in altre due case. Il mistico possedeva solo una coperta, era tutto ciò che aveva. La notte era fredda, perciò disse al ladro: <<Non andartene così, non insultarmi in questo modo: non riuscirei mai a perdonarmi al pensiero che un pover’uomo, entrato in casa mia nel cuore della notte, se ne sia dovuto andare a mani vuote. Prendi questa coperta, ti sarà utile… fuori fa molto freddo. Io resto in casa: all’interno c’è più tepore>>. E mise la coperta sulle spalle del ladro.
Il ladro non capiva più niente. Esclamò: <<Che cosa stai facendo? Io sono un ladro!>> Il mistico rispose: <<Non importa, in questo mondo ciascuno deve essere qualcuno, deve fare qualcosa. Forse tu hai scelto di rubare, ma non importa: un lavoro è un lavoro! Fa’ bene il tuo lavoro, con tutte le mie benedizioni. Fa’ il tuo lavoro in modo perfetto e non farti prendere, altrimenti sarai nei guai!>> Il ladro gli disse: <<Sei un uomo strano. Sei nudo e non possiedi niente!>> Il mistico replicò: <<Non preoccuparti, infatti io verrò con te! Sono rimasto in questa casa solo per quella coperta, qui non c’è nient’altro… e adesso la coperta l’ho data a te! Io verro con te, vivremo insieme. E mi sembra che tu possieda molte cose: sarà un’ottima convenienza. Io ho dato a te tutto ciò che avevo; tu mi darai una parte di ciò che possiedi, mi sembra equo!>> Il ladro non credeva alle proprie orecchie. Voleva solo fuggire da quella casa e da quell’uomo. Gli disse: <<No, non posso portarti con me: ho moglie e figli e poi ci sono i vicini di casa: che cosa direbbero, vedendo che ho portato in casa mia un uomo nudo?>> Il mistico concordò: <<È giusto. Non ti metterò in imbarazzo. Puoi andare, io rimarrò in questa casa>>.
Ma subito, mentre il ladro se ne stava andando, gridò: <<Ehi tu! Torna indietro!>>. Il ladro non aveva mai udito una voce così potente, tagliente come una lama. Dovette tornare indietro. Il mistico gli disse: <<Impara un po’ di educazione. Io ti ho dato la coperta e tu non mi hai neppure ringraziato. Perciò, in primo luogo ringraziami, ti sarà molto utile. In secondo luogo, quando sei entrato in casa hai aperto la porta e ora, uscendo, chiudila! Non senti che la notte è davvero fredda e che ora, avendoti dato la mia coperta, rimango nudo? Che tu sia un ladro mi può anche andare bene, ma rispetto all’educazione sono molto esigente. Non posso tollerare un simile comportamento: ringraziami!>>
Il ladro dovette ringraziare; poi chiuse la porta e fuggì. Non poteva credere che tutto ciò gli fosse accaduto davvero! Per il resto della notte non riuscì a dormire; gli tornava continuamente in mente… non aveva mai udito una voce così forte, così potente. E quell’uomo non possedeva niente! Il giorno dopo il ladro andò a caccia di informazioni e scoprì che quell’uomo era un grande Maestro. Capì di essersi comportato proprio male, e che la sua era stata un’azione vergognosa: aveva tentato di rubare in casa di quel pover’uomo che non possedeva niente ma che era un grande Maestro! Il ladro commentò: <<Ho capito che quell’uomo è proprio strano. Nella mia vita mi sono imbattuto in persone di ogni tipo, dal più povero al più ricco, ma ormai il solo ricordo di quell’uomo mi fa correre un brivido lungo la schiena. Quando mi ha chiamato ordinandomi di tornare indietro, non sono potuto fuggire. Ero assolutamente libero, avrei potuto prendere le mie cose e fuggire, ma non ci sono riuscito. Nella sua voce c’era qualcosa che mi attraeva verso di lui>>.
Dopo qualche mese il ladro fu catturato e in tribunale il giudice gli chiese: <<Puoi farmi il nome di qualcuno che ti conosce nel vicinato?>> Il ladro rispose: <<Certo, c’è una persona che mi conosce bene>> e fece il nome del Maestro. Il giudice commentò: <<È sufficiente, mandate a chiamarlo; la sua testimonianza vale quella di diecimila persone. Ciò che dirà su di te basterà per emettere la sentenza>> Il giudice chiese al Maestro: <<Conosci quest’uomo?>> La sua risposta fu: <<Se lo conosco? Noi siamo compagni. È un mio amico. Una volta è venuto perfino a farmi visita nel cuore della notte. Faceva così freddo che gli ho dato la mia coperta, e lui la sta ancora usando… potete vederla. Quella coperta è famosa in tutto il paese: tutti sanno che è mia>>. Il giudice commentò: <<È un tuo amico? E ruba?>> Il Maestro rispose: <<Mai! Non riesce mai a rubare. È un vero gentiluomo, al punto che quando gli ho dato la mia coperta, mi ha ringraziato, e uscendo da casa mia ha chiuso silenziosamente la porta. È molto educato, è un uomo veramente gentile>>. Il giudice concluse: <<Se dichiari questo, tutte le testimonianze di coloro che affermano che egli è un ladro sono invalidate. Quest’uomo è libero!>>.
Il Maestro uscì dal tribunale e il ladro lo seguì. Il Maestro gli chiese: <<Che cosa fai? Perché mi segui?>> Il ladro esclamò: <<Adesso non potrò più lasciarti. Tu hai detto che sono tuo amico, che sono tuo compagno. Nessuno mi ha mai rispettato; tu sei la prima persona al mondo che mi ha definito un gentiluomo, una persona gentile. D’ora in poi resterò seduto ai tuoi piedi e imparerò a diventare come te. Dove hai preso la tua maturità, il tuo potere, la tua forza, la tua visione delle cose, totalmente diversa dalla visione di tutti?>> Il Maestro rispose: <<Quella notte ho pianto e ho pensato che i ladri dovrebbero imparare alcune cose. Quando decidono di entrare in casa di un uomo come me dovrebbero dare un preavviso di un paio di giorni, in modo che si possa cercare di procurare qualcosa per non farli andare via a mani vuote. <<Hai fatto bene a ricordarti di me in tribunale: quei giudici sono uomini molto pericolosi e ti avrebbero maltrattato. Quella notte ti ho proposto di vivere con te e di dividere tutto con te, ma tu hai rifiutato. Ora vuoi venire con me… non c’è problema, puoi farlo; dividerò con te tutto ciò che possiedo. Ma io non possiedo cose materiali, possiedo qualcosa d’invisibile>>. Il ladro replicò: <<Lo sento, è qualcosa d’invisibile; ma tu mi hai salvato la vita e ora la mia vita è tua, puoi farne ciò che vuoi. Finora l’ho sprecata. Vedendoti, guardandoti negli occhi, ho una certezza: tu puoi trasformarmi. Proprio quella notte ho cominciato ad amarti!>>.
La Maturità (la responsabilità della propria evoluzione) – Commento di OSHO