Il Maestro a Gennaio ci ha chiesto di riflettere su un tapas, un impegno per il nuovo anno. Ho subito pensato che avrei voluto lavorare sulla puntualità, perché è un aspetto che spesso mi mette a disagio nelle situazioni che vivo. Da subito ho pensato che imparare a gestire il tempo in modo corretto e essere puntuale, mi avrebbe aiutato a sentirmi meglio; avrei evitato tutto quello stato di malessere e di tensione, fisica e mentale, che mi causa l’affanno di dover andare sempre di corsa e di avere i minuti contati.
Quando sono in ritardo incontro di certo… il furgone che non riesce a passare tra le auto parcheggiate male; il signore davanti che va troppo piano; chi non riesce a fare manovra e occupa la strada troppo a lungo… Ho pensato tante volte che se fossi partita in anticipo non li avrei mai notati e che erano, invece, delle opportunità che tutti i giorni mi dicevano di partire prima. Nonostante questa consapevolezza, però, mi ritrovavo ad applicare sempre gli stessi schemi. Dal momento in cui ho iniziato a lavorarci, ho pensato che per migliorare la puntualità avrei dovuto semplicemente analizzare tutte le fasi di un’attività e aggiungere i margini di tempo necessari per realizzarla e devo dire che all’inizio ci sono riuscita senza grandi difficoltà. Man mano che passavano i giorni, però, la mia tendenza ad arrivare all’ultimo momento si ripresentava come qualcosa di radicato in me, come una completa incapacità di gestire il tempo a disposizione.
Ho pensato, in un primo momento, che probabilmente non tutti abbiamo la stessa percezione del tempo e quindi la mia tendenza è quella di sottovalutare il tempo necessario per completare le attività che mi sono prefissata o sopravvalutare la mia capacità di riuscire a svolgere più compiti contemporaneamente, passando velocemente dall’uno all’altro, con un grande dispendio di energia e stress. Ho cominciato ad osservarmi e pormi domande. Quando ho iniziato a essere in ritardo? Di certo quando ho iniziato a organizzare da sola il tempo e le mie attività. C’è sicuramente qualcosa di profondo in tutto questo, perché legata al ritardo, c’è in me anche la tendenza sistematica a rimandare impegni e obblighi assunti, che poi porto a termine, ma solo quando so di non poter più rimandare. E così sto facendo anche con quest’articolo che il Maestro mi ha chiesto di scrivere. Probabilmente c’è una scarsa fiducia che ripongo nelle mie capacità e paura di uscire dalla zona confort. Credo che il mio non essere puntuale sia un po’ legato a questo.
Da adolescente timida pensavo: “Meglio arrivare quando c’è già qualcuno… è meno imbarazzante di essere la prima!”. Il mio fare ritardo credo sia nato come paura di arrivare in anticipo. Per assurdo penso di aver fatto percepire questo mio comportamento, inviando il messaggio opposto a chi era lì ad attendermi, come se io mi sentissi più importante di chi era ad aspettare, cosa che mi ha creato un ulteriore disagio. Nel tempo i comportamenti che mettiamo in atto diventano così tanto radicati che non riusciamo più a prenderne le distanze, come se facessero parte di noi, come se non li avessimo costruiti noi, tanto da arrivare al punto di pensare che siano una nostra caratteristica innata. E così siamo noi a definire noi stessi, chi crediamo di essere e come vorremmo essere visti dagli altri. In questo modo siamo continuamente in lotta con noi stessi, vittime dei nostri condizionamenti, vivendo questo senso di disarmonia interiore e di disagio.
Ringrazio il Maestro per avermi invitato a scrivere, perché analizzare le mie debolezze mi sta aiutando a riconoscermi e ad accettarmi. Spesso ho desiderato il cambiamento ma come poterlo innescare ripetendo sempre le stesse azioni, e vedendo le cose sempre dal medesimo punto di vista? Osservare come agiamo per modificare i nostri comportamenti ci porta sicuramente alla ricerca di un significato più profondo legato a noi stessi, che implica impegno costanza e andare contro le proprie resistenze. Questo è un piccolissimo passo, che però mi auguro possa creare in me un’attitudine mentale nuova, verso un cammino di maggiore consapevolezza.
Egle