Se penso alla capacità che ognuno di noi ha di soffermarsi per ascoltare il prossimo, mi viene subito in mente la frenesia, la noncuranza e il crescente individualismo che purtroppo ad oggi caratterizza gran parte delle persone che popolano questa terra. Viviamo infatti in un mondo in cui il rumore prevale sempre di più sul silenzio, in cui è fondamentale “dire la mia” e in cui le parole spesso superano l’importanza dell’ascolto, e in questo senso penso che l’ascesa dei social abbia solo messo in evidenza una tendenza umana latente. Eppure, per crescere davvero, è importante riconoscere l’importanza del dialogo e della capacità di restare in presenza e dare importanza a chi come ognuno di noi, vuole ritagliarsi un piccolo momento per potersi esprimere. Dobbiamo fare spazio: spazio dentro di noi per accogliere l’altro e per abbracciare le lezioni che ci arrivano, a volte senza essere esplicitamente espresse.
Nel corso del tempo quello che a volte mi sembra di percepire è che anche il vero ascolto è una pratica che col tempo può essere allenata e sviluppata, una forma di meditazione attiva che ci permette di connetterci non solo agli altri ma anche con noi stessi. L’ascolto non è solo un atto passivo: è un ponte, un modo di costruire una comprensione più profonda, una strada per il cambiamento personale. Questo perché come spesso ci ha insegnato il nostro Maestro, soprattutto durante i ritiri di Sé e Psicologia, ogni persona che incontriamo è uno specchio, che riflette aspetti di noi stessi che forse non riusciamo a vedere da soli. Come scrisse il filosofo Martin Buber: “Bisogna che l’uomo si renda conto innanzitutto lui stesso che le situazioni conflittuali che l’oppongono agli altri sono solo conseguenze di situazioni conflittuali presenti nella sua anima, e che quindi deve sforzarsi di superare il proprio conflitto interiore per potersi così rivolgere ai suoi simili da uomo trasformato, pacificato, e allacciare con loro relazioni nuove, trasformate”. Quindi è importante che quando ascoltiamo, cerchiamo di farlo con il cuore aperto, senza giudizio o fretta di rispondere, così facendo abbiamo la possibilità di scoprire qualcosa di profondo: i pensieri degli altri possono risvegliare in noi emozioni, idee o verità sopite, ma anche profonde sofferenze. In ogni interazione risiede un’opportunità di crescita.
Quali resistenze sento? Quali parti di me vengono stimolate dalle parole di chi mi sta di fronte? Quali sono le ferite che non mi permettono di restare in ascolto? Forse Paura? Sì, probabilmente è la paura di qualcosa di profondo del quale nel tempo sto prendendo coscienza e che è molto collegato alla mia insicurezza personale e alla mia spiccata capacità auto invalidante. A volte nel contesto in cui ci sono diverse persone, la cosa che sto imparando a riconoscere è una forte sensazione di paura, disagio, confronto, senso di inferiorità, ansia di non essere vista o riconosciuta, come dire…di non essere all’altezza. “Oddio sto dicendo la cosa giusta? E se poi mi giudicano? E se non capiscono davvero la moltitudine confusa di ciò che sto provando? E se pensano che sia un mostro, o che sia una persona cattiva? Sì certo, sicuramente gli altri sono meglio di me, le altre sono più dolci, più interessanti, più ascoltate. No, non voglio questa sofferenza…forse dovrei dire qualcosa”. E quindi l’unico strumento che ho conosciuto per abbassare l’intensità emotiva di questo tipo è quella di riuscire a dire il più possibile cosa sento, giustificarmi, dare spiegazioni e parlare, anche quando il più delle volte, a me neanche va. Per cui spesso si viene fraintesi, e anche il fraintendimento o quella che definisco “ingiustizia” è una ferita che sento molto “scoperta” perché appena accade io sento di perdere la capacità di discernimento e di gestione delle mie reazioni.
Allora che fare? Il mio Maestro direbbe: Mary ascolta restando in presenza. In realtà di per sé non è un concetto complicato, ma non è detto che sia facile. Quando l’ansia e la paura sono la modalità basilare della propria vita al punto da non rendersene più conto perché nel tempo si è imparato a normalizzare uno stato patologico, purtroppo anche ascoltare diventa molto difficile, perché si ha paura di tutto, e di nuovo tutto diventa una gabbia. E per quanto si possano amare le persone con cui si interagisce e per quanto si abbia una propensione all’accudimento, al voler far stare bene chi hai vicino, a quel punto è la chimica del proprio corpo che ti fa agire in un atto di semi sopravvivenza e agitazione. Ma quando invece riusciamo a “buttarci” nella fede, oltre il proprio terrore, e riusciamo a donare all’altro la nostra attenzione totale, creiamo un campo energetico di accoglienza in cui l’altro si sente visto e valorizzato. Quello spazio di ascolto è il terreno fertile per la connessione, la guarigione e l’evoluzione reciproca. La presenza, però, non nasce dal nulla: si coltiva attraverso il silenzio interiore, attraverso la nostra capacità di rimanere immobili, in pace con noi stessi e attraverso la meditazione e la preghiera.
Ascoltare autenticamente può essere difficile. La nostra mente spesso interviene con giudizi, supposizioni o pensieri personali. Una parte di noi vuole subito replicare, dare un consiglio, rispondere. Ma la vera trasformazione avviene quando scegliamo di sospendere tutto questo, di restare nella sospensione di ciò che pensiamo di sapere. Non sempre è comodo, perché significa confrontarsi con la vulnerabilità altrui e con la nostra. Ma è proprio qui che l’evoluzione spirituale, psicologica e personale diventa possibile. C’è stato un periodo in cui grazie al sostegno del Maestro sono riuscita ad aprirmi davvero all’ascolto dell’altro, probabilmente in un periodo di maggiore forza interiore, in cui non ero ancora così esausta e lacerata interiormente, nel cuore e nella mente. E quando è successo ho sentito che qualcosa dentro di me stava sinceramente modificandosi. Non era l’altro in sé a trasformarmi, ma il modo in cui stavo accogliendo il suo mondo. E in questo atto di accoglienza, sentivo dissolvere barriere, pregiudizi, limiti, e percepivo un principio di calma e pace interiore.
Mary