Karma Yoga (III)

Servire distrattamente non è servire. Impegnatevi con tutto il cuore, tutta la mente e tutta l’anima. Ciò è molto importante quando praticate il karma yoga” (Swami Shivananda).

Karman significa lavoro, o azione. L’espressione karma yoga si può trovare in forma estesa, nis-kama (senza desiderio) karma yoga, cioè servizio disinteressato. Karma yoga può significare mantenere un contatto con l’assoluto, con Dio, anche nel corso dell’azione. Viene considerato da molti grandi maestri come un aspetto fondamentale nello yoga e nel percorso di un aspirante spirituale, dal momento che riguarda il piano concreto dell’esistenza, la vita quotidiana. La pratica del karma yoga quindi è molto importante. Si basa sul principio di causa ed effetto, tentare di agire in modo consapevole e senza fissarsi su risultati o ricompense. Così facendo, possiamo trasformare gradualmente il nostro carattere e l’impatto che abbiamo nel mondo e su chi ci sta vicino. A prescindere dal punto di partenza, a piccoli o grandi passi, possiamo farci canale di un’energia creatrice e ispirata, mettendo da parte il nostro piccolo io.

Nella vita quotidiana, può significare svolgere le proprie azioni con consapevolezza e presenza in uno stato devozionale; offrirsi al servizio di qualcuno o qualcosa con amore e con un’attitudine neutrale, senza coinvolgere le proprie aspettative e prendendo ogni circostanza come un’occasione di crescita. Cercherò in queste righe di descrivere questo stato d’animo a partire dall’esperienza direttaVivo il karma yoga essenzialmente come una disposizione emotiva e mentale, offrendo interiormentecome facciamo nelle lezioni di yoga i frutti delle azioni a qualcosa di più grande. Ne risulta una gioia del cuore difficile da definire.

Karma yoga può essere fare un favore a qualcuno, o portare a termine un compito, ma non si limita a questo, tanto più che certe persone sono per loro natura portate a mettersi a disposizione in maniera disinteressata. A seconda della propria indole di partenza, il lavoro o l’azione, diventano veramente un’opportunità per andare oltre i propri limiti, per scomodarsi e imparare qualcosa di sé, osservare se stessi sviluppando un senso di umiltà che può derivare solamente dalla messa alla prova e dai fallimenti.

Karma Yoga è imparare dagli altri, dalle creature e dalle cose del mondo, provare gioia per gli altri, farsi canale di una forma superiore di amore: anche se sto facendo qualcosa in prima persona, provo a non mettermi in mezzo. Sta succedendo a me, ma non lo sto facendo io, posso cogliere l’occasione per andare oltre i meccanismi automatici e intromettendomi il meno possibile tra un gesto e le sue conseguenze… difficile attuare e vivere questo stato in maniera totale, ma ciò non significa che non valga la pena provarci. È un obiettivo che non scongiura i mezzi; il processo può essere pieno di sorprese. Per quello che sto sperimentando in questo processo, che cerco di estendere alla vita lavorativa e alle relazioni umane, diventa importante cercare un equilibrio tra fermezza (YANG) e dinamismo (YIN). Karma yoga non è necessariamente vagare come una trottola da un lavoro umile all’altro, magari non portando nemmeno a compimento in maniera adeguata nessuno di essi. Penso che anche essere disponibili ad ascoltare un amico con sincerità, accogliere le perplessità di un allievo.. siano parte integrante di questa pratica. Non esistono lavori di serie A o di serie B nel karma yoga. Penso che uno dei fattori più importanti sia la presenza mentale e la concentrazione.

Pensate di essere uno strumento nelle mani del Signore”. “Pensate che Shiva stia lavorando con le vostre mani e mangiando con la vostra bocca”. “Ponete le mani sul lavoro e la mente su Dio” scriveva lo yogi Shivananda a proposito del karma yoga. Significa fare di questa condizione una realtà quotidiana. Con la pratica, la devozione, la preghiera nel cuore e una mente libera e concentrata, lavorando su sé stessi e affidandoci alle indicazioni di un Maestro, gradualmente possiamo diventare creature a servizio di un’intelligenza superiore. Non è che basti questo, non avremo successo in maniera immediata e diretta, e soprattutto faremo una gran fatica a ricreare questa atmosfera in ogni circostanza. Ma ci viene data l’opportunità di andare oltre noi stessi. Si tratta di un processo graduale e, già dalle piccole cose, mettendoci a disposizione e mantenendo una buona consapevolezza di quello che facciamo senza interrogarci in continuazione sul risultato, possiamo fare veramente moltissimo. Si tratta di uno stato d’animo di abbandono, di apertura di cuore e di offerta di sé che possiamo vivere magari più volte alla settimana, magari anche solo nel quadro del volontariato o nel contesto della scuola di yoga. Proviamo a osservarci…

È di grande aiuto mettersi al servizio di unideale, o di altre persone. Un propulsore di questa attitudine dal mio punto di vista sono i lavori umili e manuali, la riparazione, la cucina, le pulizie, sistemare una cantina… così come i lavori immersi in natura. Permettono di semplificare, di vedere direttamente quello che facciamo e di osservare se la nostra mente ha spazio per Dio. Lavori di questo tipo generano uno stato interiore che, immagino, siamo tutti in grado di provare; una corrente di energie benefiche e un senso di appagamento che va oltre la soddisfazione diretta di aver portato a termine un compito.

Niccolò

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