È buffo pensare che una frase come “cos’è per me il Natale” possa generare in me un lungo momento di pausa, misto all’imbarazzo e allo stupore di scoprire che di fatto non lo so. Già…. non lo so, o meglio, è un tipo di riflessione che non mi pongo da talmente tanto tempo che ad oggi non ce l’ho ben presente. Eppure se la stessa semplice domanda mi fosse stata posta all’età, che so, di 8 anni per esempio, sarei stata un fiume in piena: emozioni, colori, parole, sensazioni. Bellissimo.
Oggi invece è difficile, e questo, forse, perché purtroppo tale domanda mi è stata posta in un momento in cui il mio cuore è fermo, freddo, distaccato, e certamente non è un caso che sia avvenuto proprio adesso. E allora mi fermo un attimo, per capire e sentirmi, e la prima cosa che realizzo interiormente se penso al Natale è la mia famiglia, a quanto la amo e quanto senza di essa io non avrei potuto superare le varie difficoltà che la vita mi ha posto e che grazie a Dio mi porrà sempre. A mio marito, uomo prezioso e dono divino. Penso ai miei fratelli, meravigliosi, che cercano sempre di sostenermi e tirarmi su il morale con qualche assurda battuta, a mia madre una donna complessa che amo infinitamente ma con la quale ho sempre instaurato ostili silenzi, a mia sorella enigmatica e distante, ma tanto buona. E poi a lui, mio padre, l’unico uomo che anche con un sorriso evitava di farmi sentire sola, e subito amata.
Nel vivere quotidiano commetto costantemente l’errore di dare per scontati questi privilegi che la vita mi ha dato, passo le mie giornate a cercare di risolvere problemi: lavoro, casa, persone. Tutto così compulsivo, veloce, affannato, mi sembra come se il tempo non bastasse mai. Poi arriva il periodo del Natale e arriva il momento di lasciare spazio al cuore, alle risate, agli abbracci e ai sorrisi. Mi lascio andare all’amore, solo a quello e con gli occhi lucidi di una gratitudine sublime, come ogni anno guardo i miei parenti seduti accanto a me la sera della vigilia e penso: “Cavolo quanto sono fortunata”. Non so spiegare di preciso, ma è come se quel momento fosse metafisico ed infinito. Vedo quelle persone parlare tra loro di svariati argomenti con il solito schema di mia zia che urla per spiegare le cose e mia nonna che annuisce sempre, ma è sorda e quindi non capisce niente di cosa stiamo dicendo. La adoro. In quel momento tutto questo mi sembra così perfetto da entrarmi dentro e sento che è parte di me, che tra me e loro non c’è nessuna separazione, ed è talmente forte che sento che sto per sciogliermi e vorrei sul serio dire loro: “Quanto vi amo”.
Il Natale è smettere di avere paura di amare, di non sentirsi ridicoli perché si ha il cuore compassionevole, di potere dare un abbraccio in più senza avere il timore di essere giudicato un debole o un emotivo, di poter lasciare il via libera al bambino che hai dentro che ti fa saltare e ballare senza giudizio alle note di “jingle bells, jingle bells!”, di poter piangere di gioia ogni volta che qualcuno che ami ti sorride e ti dice: “Auguri”.
Il Natale è semplicemente il momento in cui tu fai i conti con te stesso, ti guardi dentro e scopri che stai soffrendo e non vuoi dirlo a nessuno, ti accorgi che per tutto il tempo della tua vita indossi una maschera e fingi di essere forte, ma quel giorno hai la possibilità di scegliere, se abbandonare per un istante quella cinica armatura e vivere davvero, o continuare a mantenerla fingendo di essere immune ai baci invadenti dei tuoi parenti, alle serate insonni a giocare con i tuoi amici, agli occhi sinceri e all’abbraccio infinito dell’uomo o della donna che ami, appena avete finito di preparare l’albero dentro la vostra bella casetta. E in quei giorni senti che avviene un fenomeno strano, il tempo si dilata enormemente, come se ogni emozione, più vera e distinta, ti facesse percepire uno scorrere diverso del ticchettio dell’orologio, ma allo stesso tempo sembra durare un attimo, perché d’improvviso ti accorgi di essere uscito da quell’atmosfera ovattata e perfetta, e ti ritrovi catapultato nei soliti ritmi, come se niente fosse successo, come se le persone che fino a ieri si fermavano per qualche parolina in più, in quel momento non hanno più tempo per te, lasciando una piccola ferita nel tuo cuore ormai completamente aperto. Ma anche lì puoi scegliere, fingere di non essere ferita e reindossare la solita brutta corazza, oppure, come mi dicono sempre un mio caro amico e il mio amato maestro: accoglierla, osservarla e viverla con distacco per diventare più forte.
Sapevo che la richiesta di questo testo da parte del mio maestro non era stata un caso, perché adesso che ho permesso al mio cuore di prendersi del tempo e di raccontarsi, a quella stessa semplice domanda “cos’è per me il Natale” saprei esattamente cosa rispondere….Vi amo!!!!
Mary