Lo Spirito amorevole del Natale (XI)

Come iniziare? Quando il Maestro mi ha chiesto di scrivere questo articolo subito ho pensato: “E adesso che scrivo? Che cos’è il Natale per me?”. Dapprima al pensiero mi chiudo, mi viene un dolore tanto grande dentro, una sensazione di oscurità… poi qualcosa piano piano forse si scioglie, i ricordi prendono un po’ di luce, e sento interiormente una piccola porta che si apre… il Natale è la cosa più piccola e più grande che ci sia, come fare a parlarne? È come se fosse una piccola fiamma, una luce chiara e bianca in una notte molto molto buia, dove l’anima è in attesa, aspetta qualcosa ma senza parlare, come quando da bambina mi mettevo alla finestra a guardare fuori i dettagli delle cose e tutto era fermo o c’era un minimo movimento e qualcosa in me aspettava un segnale. Si dice che il Natale è dei bambini. Credo che sia così perché serve un grandissimo silenzio interiore e una fede innata e spensierata per sentire la neve cadere, il trillo del campanellino della slitta di Babbo Natale nel cuore della notte o percepire il sorriso, il soffio di un angioletto di passaggio.

Non so perché oggi cercando il Natale mi tornano in mente queste scene: a volte mi alzavo di notte, mi mettevo seduta da qualche parte e semplicemente aspettavo e ascoltavo i rumori della casa, i miei genitori che dormivano… e mentre dormivano li riuscivo a sentire più da vicino, più teneri e puri e sospesi mentre la casa e la notte circondavano l’unione del momento, cambiavano e amplificavano le prospettive delle cose, facevano eco al silenzio. In quelle situazioni, a volte, se riuscivo a stare attenta e abbandonata, poteva crearsi un’apertura grande con me stessa, come se la voce dell’anima si chiedesse da dentro cos’era, cosa ci faceva lì e cos’erano tutte le cose intorno, e vivevo interiormente qualcosa di simile all’affacciarsi dall’alto sul mondo, anche se rimanevo piccola, o una sensazione vicina allo stare per volare. Poi, mentre tutti dormivano, poteva succedere come nella scena dello Schiaccianoci o di Polar Express, che alla fine qualcuno arrivava, le cose prendevano vita all’improvviso ma senza rumore, suonava la piccola campana e nella notte si creava uno spazio di vera luce, una gioia interiore che riscaldava intensamente, ma senza bruciare e nell’invisibile nasceva una festa misteriosa e magica piena di partecipanti, un senso di unità con tutti e con tutte le cose davvero grande. Il mistero del Natale… una voce d’amore che risponde alla chiamata, una festa rivelata, una fiamma nel cuore. Fin da piccola associo queste sensazioni al Natale, molta sospensione e attesa, e forse l’ho sempre vissuto un po’ di traverso, in modo indiretto, nel calore dei libri che leggevo e nei film che avidamente scoprivo e vedevo in casa, con cui mi connettevo e che risvegliavano un desiderio sconosciuto del cuore di vita vera e gioia, perché ad essere sincera riuscivo poco a stare con allegria nelle situazioni familiari. Ci sono alcuni bei ricordi, quando c’era mio padre e l’ambiente intorno era più caldo e avventuroso, costruivamo i pupazzi di neve nel giardino della scuola e Babbo Natale sbucava all’improvviso o suonava il campanello (ma come faceva? mi chiedevo) e siccome ero molto curiosa mi divertivo un mondo a cercare di capire come aveva fatto a sorprenderci in quel modo e interrogavo gli adulti senza sosta per sciogliere quel segreto. Oppure con mia mamma quando facevamo insieme l’albero e il presepe, ed ero contentissima perché era una festa addobbare la casa, si sentiva una sensazione accogliente come di un ospite buono e bello in arrivo e questo creava apertura, le stanze si abitavano e ci univamo molto, e anche mia mamma sembrava più giovane e bella.

Poi negli anni successivi è diventato un po’ più difficile e doloroso festeggiare, mi era quasi impossibile aprirmi veramente durante i ritrovi familiari, ma era una difficoltà che veniva da lontano, per cui spesso facevo il fantasma, il fantasma del Natale… personaggio che mi riusciva e a volte mi riesce ancora molto bene!! A parte gli scherzi, la sofferenza del Natale è forse è un’eco di un senso di estraneità che ancora sto attraversando, ma se vissuta con apertura è qualcosa di molto bello, perché al positivo è solo un senso acuto di nostalgia, di chiamata, un desiderio di unità e vicinanza con gli altri più puro in quei giorni in cui il mistero di Gesu fa sentire tutti più nudi ed esposti, anime in cerca di verità, contatto e amore. Infine, da quando ho avuto la grazia di entrare nella scuola e in contatto con la sua energia avvolgente anche queste giornate, il 25 Dicembre e l’Avvento, brillano più intensamente dentro e fuori di me. Provo tanta gratitudine e gioia perché un senso di protezione ci avvolge, la comunione dell’amore ci sostiene l’un l’altro e in quei giorni le stelle sono più vive e accese, ci accompagnano nel viaggio interiore con vicinanza, speranza e dolcezza. Il cuore è a festa, una festa di canti e balli più liberi e franchi, come in cielo così in terra, e una luce chiara ci unisce e unisce tutto il creato in ogni sua dimensione senza tempo. Grazie a questo incontro ho sentito che l’esperienza più bella che si può fare a Natale è riscoprire in sé un senso di povertà, la semplicità e la povertà dell’anima in cui ci raccogliamo, ci avviciniamo e possiamo finalmente riposare. È una semplicità molto profonda che dentro di noi ci chiama per nome e trova il suo bene nel bene del prossimo. Un invito a lasciarsi andare.

Tutti i libri, le storie e le magie che leggevo da bambina in cui mi espandevo e conoscevo sono Natale, la luce senza tempo di un mattino innevato quando tutti tornano bambini, si gioca, si ride, si sentono le voci degli uccelli sono Natale, le candele accese tutta la notte, volersi bene e stare insieme con tenerezza ritrovata, l’animo giovane di mia madre, la povertà dell’anima… “Cosi siamo sicuri di finire nel cuore, nel mezzo del caro, forte Natale, là dove si trova la mangiatoia e proprio sotto la stella che a lei condusse i primi adoratori. Inginocchiamoci dunque e adoriamo e gioiamo della grande felicità che basta a sostituire nei cieli invernali la luce ed il calore che sembrano scomparsi con l’estate e l’autunno; già si alza sul Bambin Gesu il fervido sole dell’anima e promette le sue stagioni nei nostri cuori. Anche questo sole, che con il più fervido e fiducioso degli intenti Dio ha fatto sorgere nella notte innevata, questo sole, una volta entrato nella sua orbita, comincia a girare nello spazio interiore della nostra natura e percorre anch’esso la sua traiettoria sulla crescita del nostro sentimento, della nostra fiducia e della nostra fede…” (Rainer Maria Rilke)

Clara